C’è un preoccupante declino dei principi costituzionali

26 Gennaio 2024
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Andrea Pubusa


Primo. E’ stato fissato il processo Regeni benchè gli imputati non siano stati ritualmente invitati a comparire. Lo si fa il processo sulla base di una sentenza, la n. 192/2023, della Corte costituzionale che ammette questa possibilità seppure in casi limitati (reato di tortura), quando l’invito a comparire è reso impossibile per l’azione ostruzionistica di uno Stato (Egitto), garantendo in ogni caso che gli imputati condannati possano chiedere un rinnovo del processo.

Ho già espresso la mia opinione critica su questa decisione della Consulta, c’è una cancellazione del principio del contraddittorio, secondo i quale non c’è prova valida senza che le parti coinvolte nel processo siano messe in condizione di parteciparvi, senza cioè che siano state rituamente chiamate in giudizio. Or si comprende che il caso presenta dei risvolti particolarmente odiosi e che lo Stato egiziano mostra una inescusabile arroganza e inciviltà, che rendere giustizia al povero Regeni è sacrosanto desiderio di tutte le persone per bene, ma considerare valide le prove e le decisioni senza contraddittorio non sembra accettabile. E’ vero che i casi sono ben delimitati e c’è la possibilità di rinnovare il processo su iistanza del condannato, quindi i casi sono ben delimitati. Tuttavia le deroghe anche minime ad un principio aprono la strada a possibili allargamenti in una materia in cui si tratta di diritti inviolabili.

Secondo. Apprendiamo che in una procedura penale a Milano, su ordine dell’autorità giudiziaria è stato disposta la perquisizione dello studio di uno dei difensori. Ora, per esprimere un giudizio definitivo occorre conoscere nei dettagli la vicenda, tuttavia, pur con tutta la prudenza del caso, perquisire lo studio di difensore è quanto di più lontano possa esistere dalla Carta costituzionale e dagli elementari principi di  civiltà giuridica. Art. 24 Cost., comma secondo: “La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento“. E’ sempre il contraddittorio a riemergere. Il difensore svolge nel processo una funzione sullo stesso piano di quella della Procura e del Giudice. Senza una difesa libera non può esistere valido processo e valida sentenza.

Terzo. Alcuni esponenti della Comunità ebraica italiana chiedono di vietare il 27, giorno della Memoria, manifestazioni filopalestinesi. Ma conoscono la nostra Costituzione? Conoscono l’art. 17? Glielo ricordiamo: “I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico [cprtei, manifestazioni, ndrdeve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica“. Per le riunioni in luogo pubblico non è richiesta alcuna autorizzazione (una libertà autorizzata dall’autorità è un non senso), ma solo un preavviso affinché l’autorità ne garantisca il pacifico svolgimento. Ad esempio concordare i percorsi in modo da conciliare la manifestazione con altre libertà. In questo caso, ad esempio, è opportuno che i cortei si svolgano in luoghi diversi e vicini. Ma chiedere un divieto è contro la Costituzione e nessuna autorità può farlo, perché non esistono quei “comprovati motivi di sicurezza e incolumità pubblica, di cui parla l’art. 17. Il che vuol dire che i pericoli per la sicurezza e l’incolumità pubblica devono fondarsi su fatti certi, indiscuttibili, già avvenuti e non su supposizioni o paure.
In questo caso però gli esponenti delle Comunità ebraiche non avanzano neanche queste paure, ma pretendono che nel giorno della Memoria della Shoah nessun altro possa manifestare fuorché loro. E inoltre sembrano confondere la critica alla criminale politica del governo Nethaniau con l’antisemitismo. Non avvertono che generalmente coloro che protestano contro la macelleria aperta dal governo israeliano contro il popolo palestinese, non sono antisemiti e non dimenticano la tragedia della Shoah.

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