Intercettazioni: tutela della privacy o semplice stupidità?

10 Giugno 2008
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Andrea Pubusa

Volete la prova dell’irrazionalità delle misure antintercettazioni di Berlusconi? Basta leggere la cronaca giudiziaria sarda dei giorni scorsi. La notizia più sorprendente è la condanna di Maria Ausilia Piroddi per associazione di stampo mafioso. Una sentenza storica hanno titolato i giornali. Ed è vero. Mentre tutte le persone di buon senso avrebbero ipotizzato che un’organizzazione di quella natura potesse al più attecchire nel sottobosco economico, nell’ambiente dei traffici illeciti, ci si trova di fronte alla sorprendente verità della Corte d’appello di Cagliari: in Sardegna la mafia è nata nel luogo più impensabile, nientemeno che in seno alla CGIL dell’Ogliastra. E l’epicentro è stato non un crocevia di grandi traffici, ma il piccolo Comune di Barisardo, dove, a suon di bombe e di delitti, la “zarina” avrebbe puntato alla conquista delle “leve” del “potere” municipale, come base di lancio per la scalata ai vertici regionali. Volendo fare storia controfattuale, quella che ha alla sua base i “se” ed i “ma”, oggi in Sardegna avremmo non un uomo ma una donna sola al comando e la legge statutaria sarebbe stata il frutto della sua perversa sete di potere, anziché della civile passione ambientalista e moralizzatrice di Soru. E come la magistratura è giunta a questo sorprendente risultato? Con le intercettazioni telefoniche. Sono queste – secondo il Procuratore antimafia della Sardegna e i giudici d’appello – ad avere svelato la trama tra la potente sindacalista, il suo complice sindacalista, il pizzaiolo di Barisardo e gli altri componenti della “Cosa nostra” nostrana.
Bene. Meno male che le indagini sono già concluse e il verdetto già reso, perché se no questa straordinaria realtà malavitosa non sarebbe forse mai venuta alla luce. Chi avrebbe, in partenza, mai potuto ragionevolmente azzardare questa conclusione? Come avrebbe potuto la Procura disporre intercettazioni se la mafia in salsa ogliastrina fosse ancora da scoprire? Insomma, l’esistenza di un’organizzazione di stampo mafioso o terroristico è un punto d’arrivo non di partenza; e data la strettissima omertà che la circonda un potente mezzo di ricerca per le procure sono le intercettazioni e il lavoro riservato d’intelligence. Bene. Per il Cavaliere e i suoi consulenti giuridici o si ha già la prova della mafiosità della compagine delinquenziale e allora le intercettazioni sono possibili, altrimenti son guai. Rischiano fino a cinque anni gli investigatori che pretendano di scoprire e neutralizzare la cupola  anche con le intercettazioni. Insomma, a risultato acquisito si può intercettare, mentre sarà illecito farlo per gettar luce sulla ragnatela e sugli intrecci malavitosi.
 Quanto ad idiozia allo stato puro questa trovata del governo è forse eguagliata dalla indimenticata proposta, sempre del centrodestra, nell’altra legislatura, di punire i giudici che pretendessero di interpretare le leggi. Devono essere soltanto la pura vox legis, strillavano allora i giuristi della Casa delle Libertà e della Lega. Come se fosse la malevolenza dei giudici e non l’oscurità o la semplice complessità del quadro normativo a dar luogo alla pluralità di soluzioni interpretative della legge. E come se non fosse, l’opera della giurisprudenza, nella dialettica fra fatti e norme, a determinare l’evoluzione del quadro giuridico nell’incessante attività di adeguamento del diritto all’evoluzione del costume e al mutamento della realtà sociale ed economica.
 Se la nuova trovata del Cavaliere dovesse tradursi in legge, la magistratura italiana, anziché a scovare e processare pericolosi delinquenti, passerebbe il suo tempo ad indagare su altri magistrati rei di aver violato la privacy con le intercettazioni; e noi non vedremo alla sbarra pericolosi malavitosi, ma pubblici ministeri, rei di avere disposto intercettazioni per mettere in luce la trama mafiosa o terroristica, anziché farlo dopo averla già scoperta. Ma quandomai violare la privacy dei mammassantissima, se prima non si è provato che lo sono! E la prova, di grazia, dev’essere raggiunta con una sentenza passata in giudicato o basterà una semplice decisione non definitiva? Insomma, con la nuova disciplina annunciata dal Cavaliere all’Assemblea dei giovani imprenditori, Maria Ausilia Piroddi, se fosse a piede libero, non sarebbe ancora intercettabile, perché in fondo che la sua sia stata un’associazione di stampo mafioso non è ancora sicuro. E se la Cassazione annullasse la sentenza della Corte d’appello di Cagliari, ritenendo che in Ogliastra la mafia non c’è mai stata?

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