Funerali individuali e morte collettiva

30 Giugno 2010
3 Commenti


Andrea Pubusa

I funerali non sono tutti uguali. Ci sono quelli dei vecchi che dopo una vita piena e lunga ci lasciano. E’ un accadimento naturale, che induce alla riflessione, ma non turba. Il funerale al quale ho parrtecipato ieri è invece di quelli che creano turbamento. Anzi rabbia. Il suicidio di un uomo di quaranta anni pone tanti interrogativi, Se poi quest’uomo, nella sua fanciullezza e prima gioventù, aveva manifestato un’indole gioiosa e voglia di vivere il turbamento è ancora maggiore. Chi e cosa può aver indotto quest’uomo al gesto estremo? E così ne ripercorri l’esistenza. Studi a Cagliari e completamento a Firenze. Rientro in famiglia con tante speranze e attesa vana lunga estenuante, senza esito, di una collocazione sociale. La costanza nel proporsi, ma porte sbarrate, con durezza e senza umanità. Qualche lavoro precario finito male nella giungla in cui altri giovani per campare assumono la veste dei persecutori dei loro coetanei. Ed allora, in questa giungla che non dà spazio a chi ha sensibilità e non concepisce la vita come rito cannibalesco, ecco che Francesco inizia a morire giorno per giorno, ucciso dall’impossibilità di oltrepassare la soglia del tetto familiare, di raggiungere l’autonomia, il pieno dispiegarsi della persona nel lavoro, nei rapporti sociali, nei confronti di chi vorresti tua compagna di vita. Ecco allora che la vita diviene un peso doloroso ed insopportabile. Giorni tutti uguali, senza prospettiva, senza speranza.
Quanti giovani vivono questa triste condizione? Tanti a giudicare dall’umore generale. Per chi, in ragione del proprio lavoro, sta a contatto con questa fascia d’età, niente è più stravolgente della perdita di baldanza della gioventù, del loro essere privi di slanci e, se si vuole, di velleità e di eccessi, naturale portato dell’età. della voglia di essere presenti, di cambiare, di creare un mondo nuovo, di lasciare un’impronta nella migliore stagione della propria vita. In fondo questa è stata sempre la storia delle diverse generazioni. Non c’è stata solo quella del ‘68, ma anche quella delle magliette cerchiate che nell’estate del 2000 si oppose al tentativo Tambroni di reimbarcare i fascisti nell’area di governo. C’è stata quella della guerra e della Resistenza, quella della ripresa democratica degli anni ‘50 e così via. Ma oggi qual’è l’impronta che la gioventù lascia al proprio tempo? Nessuna o forse esattamente questa enorme difficoltà di non poter vivere gli slanci propri dell’età.
C’è poco da sperare in un mondo che ridiventa un’arena di scontro, senza solidarietà, dove il lavoro da diritto e fondamento del vivere comune diviene arma di ricatto per imporre condizioni di produzione ottocentesche. E questa proposta non la fa il piccolo pescecane di provincia, ma la più grande industria italiana. Ecco il punto qual’è l’effetto sociale della proposta Fiat? Quali processi induce nel profondo della nostra società? Quale futuro delinea?
E che dire ancora della vicenda Brancher? E della condanna di Dell’Utri? Del continuo tamponamento e pronto soccorso che il capo del governo presta agli imbroglioni di tutte le risme oggi al comando? Quale messaggio viene dall’ostentare la ricchezza e il successo in un mare di sofferenza sociale? C’è chi vorrebbe imitare e vede in questo un’assurda chance, ma c’è sopratutto chi perde speranza, E questo comunque è l’umore profondo che s’impadronisce della società.
Si dirà: questo è accaduto anche altre volte. Senza andar lontano, il fascismo, la guerra, la devastazione generale, il massacro di milioni di uomini e donne. Tutto vero. Ma allora ci sono stati anche grandi movimenti alternaivi: la Resistenza, il Movimento operaio, i grandi partiti di massa, i partiti comunisti e socialisti, che hanno fatto irrompere nella storia milioni di uomini e donne nel segno di una grande e magnifica utopia. Nel concreto, poi, questi grandi partiti hanno dato diritti individuali e sociali, carte costituzionali, libertà, quali mai prima nella storia si erano manifestate. Ed allora come non vedere quale imperdonabile crimine hanno commesso coloro che, assaliti da una irrefrenabile frenesia di nuovismo, in realtà hanno buttato via il bambino con l’acqua sporca. Hanno disarmato i ceti popolari, li hanno messi in balia delle forze padronali e della finanza, che sono tornate ad ostentare senza infingimenti la loro arroganza e la loro prepotenza. Hanno smontato lo stato democratico, fonte di diritti e di solidarietà, strumento di temperamento della tracotanza padronale.
Francesco non ha trovato niente che lo potesse aiutare al di fuori dei vecchi genitori. Niente che gli abbia dato la possibilità di lottare per una vita migliore. E noi siamo tanti Francesco, senza strumenti par opporci alle ingiustizie sociali, per creare un futuro più solidale. Anche chi ha smontato le grandi organizzazioni, ha irriso i grandi ideali  bollandoli come ideologia, e ha aperto le porte della sinistra all’egemonia culturale della destra è responsabile di questa desolazione, della morte della speranza. Ci si interroga sulla diserzione delle urne. Ma la risposta è nel deserto che si è creato, anche a sinistra.

3 commenti

  • 1 Arcobaleno
    30 Giugno 2010 - 07:47

    Gent.le Professore…” vorrei iniziare da questa sua frase “Studi a Cagliari e completamento a Firenze” ..io pure come Francesco ho 40 anni, ho studiato a Cagliari Giurisprudenza (sono stato anche suo allievo per breve tempo poi della mitica prof. Sanna)ed ho concluso a Sassari.
    In questo suo discorso la Fiat e Dell’Utri , il fascismo e la resistenza c’entrano ben poco. A mio avviso e di molti altri coetanei il motivo per cui noi quarant’enni attuali ci troviamo in questa situazione è dovuto alla generazione anni 60/70 che con scelte scellerate ci ha caricato di debiti sociali ed economici che non ci appartenevano.Ci avete condannato a non avere un lavoro serio e tanto meno vedremo mai una pensione….tutto questo perchè vi siete voluti proteggere il futuro caricando la generazione futura dei vostri problemi. Ora abbiamo 40 anni proveremo a rialzarci dalle ceneri di questa società …lavoreremo nei call-center, nelle aziende che ci assumeranno a tempo determinato , nell campagne come i nostri nonni.
    Nelle prossime elezioni ci organizzeremo con un partito fatto dai Giovani per i Giovani…per fare ciò di cui voi “maturi 68-ini” non avete avuto il coraggio di fare.
    Con infinita stima verso il professore “che mi ha insegnato che il diritto a volte è solo teorico e non corrisponde alla realtà” la saluto cordialmente.

  • 2 Antonello Murgia
    30 Giugno 2010 - 12:01

    Il quarantenne “Arcobaleno” pone un problema reale, ma raggiunge conclusioni che trovo sbagliate. E’ assolutamente vero che negli anni ’60-’80 lo Stato si caricò di debiti crescenti per garantire privilegi non solo ingiusti, ma che le sue Casse non potevano permettersi. Faccio un solo esempio: fino alla fine degli anni ’80 un medico che avesse lavorato per 40 anni in ospedale a tempo definito (30 ore settimanali invece di 40) col diritto di svolgere contemporaneamente attività libero-professionale convenzionata, poteva, nel suo ultimo mese di lavoro, optare per il tempo pieno e così facendo riceveva la pensione di chi aveva lavorato a tempo pieno per tutti i 40 anni. In quel modo veniva premiato chi faceva scelte più “mercantili” e spesso era anche in conflitto di interessi con l’ospedale da cui dipendeva. C’era anche allora chi denunciava la cosa, ma con pochi risultati. Era un modo per comprare il consenso. Il blocco sociale che si coagulò attorno alla Democrazia Cristiana, lo fece anche attraverso questa operazione. Adesso come allora, il potere politico favorisce, per proprio interesse, una parte facendo pagare i costi della grave crisi economica ai più deboli. Fra i quali cresce la disperazione fino a “soluzioni” estreme come quella che Andrea Pubusa ci ha descritto in modo così efficace. E’ vero, dunque, che una generazione ha usufruito di vantaggi i cui effetti pesano sulle spalle delle nuove generazioni, ma non ridurrei il problema ad uno scontro fra esse, che è ciò che il potere cerca di accreditare per nascondere le sue scelte inique e prive di prospettiva. Scelte, quelle di questo Governo, dello stesso segno ma molto più gravi rispetto ad allora, perché il potere attuale, per garantire quei privilegi, sta facendo ricorso anche allo stravolgimento, di fatto, della carta costituzionale e dei diritti fondamentali in essa contenuti.

  • 3 Democrazia Oggi - Generazione precaria
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