I° Congresso regionale Sel: cosa cambia per i lavoratori?

11 Gennaio 2011
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Amsicora

La sinistra per esistere ha necessità di almeno due fattori: di un’organizzazione capillarmente radicata fra i lavoratori e di una soggettività alternativa, quella che un tempo si chiamava coscienza di classe. Ora se noi leggiamo le agenzie sul primo congresso regionale di Sel di tutto questo non troviano neppure il sentore, non sono questioni neanche iscritte nei desideri di questo partito. Apprendiamo dalle agenzie: il Congresso ha riaperto il confronto sull’unità nel Centrosinistra. Sel ha eletto l’assemblea regionale che tra un mese, dopo le primarie per le amministrative di Cagliari, sceglierà il coordinatore. Il confronto si è svolto fra due mozioni: una Uras, che ha ottenuto 45 voti e il 66,3% di percentuale e l’altra proposta da Musumecci r Maurandi, ha avuto 23 voti con la percentuale del 33,8%. Sembra di capire che le due anime, quella ex Rifondazione comunista e quella ex Sinistra democratica, non si sono amalgamate. Uras ha vinto, e dunque - secondo quanto si legge - il probabile segretario regionale sarà Michele Piras, già segretario di Rifondazione comunista.
Ora, con il dovuto rispetto per Sel e per i suoi iscritti,  tutto questo cosa cambia nella vita dei lavoratori, delle masse dell’Isola alle prese con la disoccupazione e con occupazioni instabili, con un’economia ormai a picco? In quale misura modifica le condizioni di vita delle migliaia di sardi rifluiti sotto la soglia della povertà? Cosa cambia nelle loro prospettive o aspettative? E nelle loro speranze?
La relazione introduttiva del coordinatore pro-tempore, Antonio Attili, si apre con un annuncio: dopo aver portato Sel al primo congresso, Attili ha deciso di non presentare la propria candidatura. «Il rinnovamento non si predica ma si fa», dice, spianando la strada alla generazione degli under 40. Ottimo, ma non vi pare che sia irrilevante misurato sulla scala dei problemi dei sardi? Come non pare di avvertire fra i democratici sardi e ancor meno fra i lavoratori una spasmodica attesa per sapere se Michele Piras, il più accreditato, sarà o meno il futuro segretario. Anche sul punto, con tutto il rispetto per Piras, che è un valoroso compagno, come non avvertire la irrilevanza della vicenda nella vita dei sardi? L’unica incidenza della scelta è tutta autoreferenziale e inscritta nel cerchio minuscolo dell’ascesa o meno al Consiglio regionale di questo o quel rappresentante di questa sigla. 
Più convincente l’introduzione di Attili dove afferma che servirà un grande sforzo per elaborare una proposta sullo sviluppo dell’isola. Ecco questo è il problema. Ma il resto della relazione sul punto è muta.  Sembra invece che l’attenzione si sia spostata sul lessico. Nella relazione di Attili e anche negli interventi successivi viene definitivamente bandita la parola «post»: nessuno dice post-industriale, post fordista, post moderno e tantomeno post comunista; il termine ricorrente è «nuovo». Occorre una nuova proposta politica per la Sardegna, un nuovo modello di sviluppo, persino un nuovo piano di rinascita. E tra gli ospiti Gesuino Muledda avrebbe proposto anche un nuovo partito a sinistra basato su socialismo-sardismo e azionismo.
Luciano Uras, capogruppo di Sel in Consiglio regionale, afferma: «L’alternativa è possibile a Cagliari, per la Regione e a Roma in un quadro in evoluzione dentro il Centrosinistra». E a coloro che ricordano la frammentazione della sinistra, Uras spiega che «qualche volta il Pd ha la speranza di avere alleati subordinati, mentre noi siamo un partito serio che agisce con pari dignità». E la differenza, assicura Uras, sta nel diverso tipo di opposizione.
Sarà, ma non si percepisce.
Massimo Zedda ritorna sul banco di prova delle primarie per il sindaco di Cagliari: «Chiunque uscirà vincitore avrà l’appoggio di Sel». Di questo nessuno dubita, visto che è diffusa convinzione che la sua candidatura sia funzionale a quella del PD, serva, cioè, per dare legittimazione democratica  al senatore Cabras.
Qualche sprazzo di saggezza nel dibattito, anche se tutto autoreferenziale. «L’alternativa in Sardegna è a portata di mano, più che nel resto del Paese» - sostiene Silvio Lai, segretario regionale del Pd - «e nell’isola, quando perdiamo - soggiunge - la causa va ricercata più nei nostri errori», alludendo alle divisioni interne. Parole sante, ma avranno seguito?
Alla fine è Gesuino Muledda (Rossomori) a sfoderare dal vecchio repertorio del PCI l’asso, la vera questione: «Non credo che possa bastare l’opposizione istituzionale, anche se fatta bene. Il dibattito sulle vertenze territoriali deve riprendere: il vecchio Piano di rinascita partiva dal basso non dai modelli econometrici». Democrazia e partecipazione, dunque, per elaborare quella proposta del centrosinistra che sia in grado, ad esempio, «di rimettere insieme gli enti locali». Insomma, il buon Gesuino ha dimenticato tante cose, ma ricorda che il PCI era anzitutto un partito organicamente legato ai lavoratori e - come si dice oggi - radicato nei territori. Tutto il contrario delle sigle attuali.
Il primo congresso regionale di Sel si è chiuso con l’intervento di Gennaro Migliore del coordinamento nazionale del partito di Vendola. Parte con la solita litania: una forza politica importante all’interno del centrosinistra, che vuole essere in grado di corrispondere alle tante aspettative della gente. Declina questo rapporto non tanto pensando al radicamento sociale, quanto alle primarie. E’ rilevante - ha soggiunto - il ruolo che devono svolgere le primarie per la scelta dei candidati della coalizione, «perchè chi le ostacola, ostacola gli elettori». D’accordo. Ma le ostacola anche chi invece di cercare candidati veri, autorevoli, alternativi, come Pisapia a Milano, presenta figure scialbe soltanto per legittimare le scelte dei candidati del PD.
Quali i numeri di Sel nell’isola? Gli iscritti sono oltre 1.600 mentre i delegati al congresso sardo sono stati 72, ed hanno scelto i loro cinquanta rappresentanti dell’assemblea regionale, il «parlamentino» sardo del partito. Alle ultime elezioni regionali, il partito ha raggiunto in media il 4% delle preferenze, ma i recenti sondaggi, anche per il ruolo ricoperto da Vendola in campo nazionale, gli attribuiscono un risultato tra il 6% e l’8%.
Vendola, insomma, è l’unico elemento trainante di questa formazione, che nei territori costituisce per lui più un peso che un aiuto. Ed in fondo il dibattito all’interno di Sel sembra volto a misurare come ripartire i seggi nelle future competizioni elettorali. Dunque, poco o nulla che rilevi all’esterno, nel sociale. Volete la riprova? Sulla stampa regionale un trafiletto in basso per Sel, un titolone con foto di Gavino Sale che rilancia l’Irs, annunciando che coi suoi invaderà pacificamente il poligono di Quirra. Un’azione concreta, un messaggio semplice comprensibile a tutti. Un titolone sulla stampa. Forse è solo propaganda, ma nel congresso di Sel neppure questo: tanti discorsi, tanti buoni propositi, ma neppure un messaggio che colpisca.

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