La FIOM e la democrazia

10 Gennaio 2011
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Antonello Murgia

All’ultimo Congresso CGIL io ero schierato con la mozione Epifani perché non mi convinceva la mozione “La CGIL che vogliamo” (con cui era schierata la dirigenza FIOM) laddove chiedeva discontinuità con la linea politica precedente. Credo (e credevo) che ci fosse bisogno di discontinuità, ma non tanto nella radicalità della linea (come richiesto in quella mozione), quanto nella democrazia interna, nel metodo di reclutamento della dirigenza. Anche in un’organizzazione a tasso di democrazia superiore rispetto alla media come la CGIL, la “ingessatura”, il blocco del rinnovamento creato dai meccanismi di cooptazione e fidelizzazione costituisce un freno che riduce l’efficacia della proposta politica. E la seconda mozione, come tasso di democrazia interna dei suoi sostenitori, mostrava limiti superiori rispetto alla prima: questo ho vissuto all’interno della Funzione Pubblica (che assieme a FIOM e FISAC costituiva l’ossatura della 2^ mozione) sia nazionale che, soprattutto, regionale.
Detto questo, non ho avuto alcun dubbio a firmare l’appello di MicroMega appena è stato pubblicato: non stessimo vivendo uno strano tempo in cui tutti i riferimenti comuni sembrano saltati, diremmo che non c’è da fare tanti ragionamenti, che si tratta di difendere i principi che i Padri costituenti inserirono giustamente nella nostra Costituzione, che si tratta di diritti non negoziabili. E invece, ci troviamo ad arrancare, a cercare di ribattere con affanno ad un attacco che ha trovato solida sponda anche nell’area progressista: si vedano, per es., le dichiarazioni di D’Alema, Fassino, Veltroni, Fioroni. Il problema nasce, a mio avviso, non da una carenza di ragioni che sostengano le nostre posizioni, ma da:
a) lo strapotere mediatico di chi sostiene le posizioni contrarie;
b) i cedimenti di una leadership democratica autoreferenziale, bloccata nel rinnovamento da una legge elettorale non a caso definita “porcata” da uno dei suoi ideatori.
Mi sbaglierò, ma sono convinto che certe posizioni dei leader progressisti, non le avremmo sentite se i rappresentati avessero la possibilità di censurarle concretamente e di scegliersi rappresentanti con i quali avvertono maggiore sintonia.
Credo anche che il capitale internazionale guardi con molto interesse alla sperimentazione FIAT; forse ha affidato a Marchionne il compito di metterla in pratica, intuendo la maggiore fattibilità nel nostro Paese del suo progetto di restaurazione, grazie alle precarie condizioni del sistema dell’informazione (lontano, quanto a libertà, dalle posizioni dei Paesi dell’Occidente avanzato e ormai stabile oltre la 70a posizione mondiale).
E allora, credo che la gran parte dei cittadini, correttamente informata, non abbia dubbi a condividere la necessità che la rappresentatività sindacale prescinda dalla firma o meno del contratto o che il diritto di sciopero sia inviolabile o che in una società democratica i diritti fondamentali non vengano messi in concorrenza fra di loro. E’ però necessario ribadire regole che anche gli stati liberali hanno fatto proprie da 2 secoli:
a) potere politico, mediatico ed economico devono essere tenuti ben distinti;
b) i cittadini devono poter scegliere i propri rappresentanti.
Questo è l’ambito nel quale, per me, val la pena di spendere il proprio impegno perché, senza l’eliminazione di questi due problemi, non ci saranno soluzioni accettabili né per il diritto al lavoro per il quale si sta battendo la FIOM, né per tutti gli altri diritti (giustizia, studio, salute, etc.) che oggi sono così pesantemente messi in discussione.

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