Incoraggiare nuove potenzialità non è giovanilismo

18 Febbraio 2011
4 Commenti


Mario Sciolla

Il dibattito sulle primarie e sul rinnovamento della sinistra si arricchisce di un nuovo intervento di Mario Sciolla che scava su una questione centrale: sulla traumatica cesura fra la vecchia dirigenza e le nuove leve della politica e sui problemi delicati sollevati dal passaggio del testimone fra generazioni anche e sopratutto nella sinistra. C’è un rischio di ingenerosità reciproca e di reciproco misconoscimento di valore e di dignità. Come superare la tendenza a trasformarci tutti in giudici degli altri e da dove partire per riprendere il filo di un discorso e di un cammino comuni?

Ho seguito il dibattito sulle primarie a Cagliari senza intervenire, cercando – semmai – di imparare qualcosa. Un recente contributo di Gavino Corda, nel riallacciarsi agli scetticismi di Giuseppe Marci e di Carlo Dore jr. sulla sinistra a Cagliari, introduce un suo ulteriore elemento di scetticismo, partendo da considerazioni generali sulla crisi del PD nell’Italia intera (Roma, Napoli, Bologna, Milano, Regione Piemonte, Torino …) per giungere a considerare niente più che una illusione “il rimedio salvifico del presentare candidati connotati soprattutto dalla dote dell’età giovanile”. E qui l’argomentazione, da ecumenica, rientra in limiti ben più ridotti, facendo riferimento al giovane candidato scelto a Cagliari e alla giovane candidata proposta per le primarie di Iglesias. Viene così in discussione anche il mio contributo, recentemente ospitato (solo in parte) da questo blog.
Tralascio le considerazioni comuni sulla crisi del PD: in quanto condivise, non vanno ulteriormente ribadite. Ma un aspetto delle considerazioni di Gavino Corda merita d’essere confutato. E’ la tendenza ad attribuire ad altri vocazioni “giovanilistiche”. Il giovanilismo in sé non ha alcuna validità né prospettiva politica. Il problema è di tutt’altra natura, attiene al mancato passaggio delle eredità culturali e politiche tra esperienze e generazioni diverse. Di questa frattura si possono tracciare le linee, individuare le ragioni e le singole responsabilità. Non è questo il luogo per delineare questi (mancati) percorsi. Restiamo ai fatti: la trasmissione di un patrimonio politico si è interrotta per un periodo corrispondente ad almeno una generazione (ma, forse, qualcosa di più), e si è avuta la dispersione.
Le nuove potenziali leve dell’impegno politico vi si affacciano, avendo saltato quel che la nostra generazione poteva trasmettere. Vi giungono oggi partendo da altre esperienze, da altri impulsi. Ma nelle loro aspirazioni si individuano esigenze di giustizia sociale, lotta contro la sopraffazione, per la pari dignità delle razze, per la conquista di effettive pari opportunità a prescindere da appartenenze sociali e di genere, per la pari tutela civile … potremmo continuare per un po’. Sono cose da sottovalutare sol perché i giovani ci sono arrivati per vie diverse dalla nostra tradizione? Aggiungiamoci una cosa, non da poco: queste giovani leve vedono nella nostra generazione solo gli aspetti deteriori di quel che una tradizione ben altrimenti degna avrebbe dovuto trasmettere. Diciamolo francamente: i giovani, anche i più motivati, vedono nell’eredità del passato quasi solo trame di apparati, contrattazioni non limpide di alleanze, malsane “opportunità” offerte dalla politica (protezione e aiuto dal potente, ingresso in organismi retribuiti, carriere costruibili a tavolino …). L’ignorare queste realtà induce molti in un primo errore (che traspare anche nell’intervento di Corda): ritenere che noi possiamo essere accettati a priori come giudici. “Apertis verbis”, le giovani leve – più che portate ad ottenere il nostro positivo giudizio – hanno una chiara tendenza a giudicare noi. E il giudizio complessivo non è benevolo. E’ un giudizio – il loro – a mio avviso decisamente ingeneroso. Ma il fatto che esso sia di gran lunga prevalente non può che obbligarci a una riflessione.
Dobbiamo stupirci che una generazione nuova tenti di proporsi anche alla guida delle città? Nello specifico, è scandaloso o non – piuttosto – positivo che queste esigenze si traducano in una proposta politica di gestione della città di Iglesias? Sta qui il secondo elemento non condivisibile del ragionamento di Corda, quando afferma che “Una candidatura valida, un progetto di governo sono frutto di un processo di maturazione politica di uno strato sociale o di rappresentanze politiche che si propongono a convincere prima e a governare poi”. Questo è un giudizio su chi presumibilmente è più portato a collocare me, lui e diversi altri più nel ruolo di potenziali imputati che in quello di legittimi giudici.
Oppure si ritiene che tale valutazione sia rintracciabile nel “buon senso” (gramscianamente inteso) della popolazione di Iglesias? Ribadisco qui la mia constatazione della preoccupante disgregazione della città, allo stato incapace di esprimere coesioni e orientamenti ancorabili a una propria tradizione.
Ragionamenti discutibili, che comunque nascevano da una constatazione verissima di Gavino Corda: oggi, nella sinistra, chi è erede? di chi? di quali tradizioni? Qui sta il nostro ruolo: non atteggiarci a giudici ma a dialoganti. Facciamo in modo che “la vena d’acqua” interrotta possa innestarsi nel corso nuovo e farvi fluire quello che era andato disperso. Ne deriverà, nei giovani, un gusto anche della tradizione del passato e una correzione di un giudizio così ingeneroso per tradizioni politiche ben altrimenti nobili. Si possono constatare disponibilità importanti ad impegnarsi in questo dialogo.

4 commenti

  • 1 Michele Podda
    18 Febbraio 2011 - 12:22

    A quel che pare, su due punti si è tutti d’accordo:
    a) il giovanilismo non è di per sè un valore;
    b) è mancato il passaggio dell’ eredità culturale e politica tra generazioni diverse.

    Sul resto si può dibattere quanto si vuole, ma difficilmente si approderà a valutazioni concordi e utili. Se invece si volesse stare sul concreto, bisognerebbe ammettere che:

    1- Oggi c’è maggiore cinismo diffuso, meno presenza di valori, ma non solo nei giovani, bensì fra tutti, compresi noi stessi.

    2- Mentre si affermano principi e valori, io e “qualche altro” faremmo “carte false” o andremmo a cena da B. (credo…) per trovare una sistemazione dignitosa per i nostri figli; questo almeno in attesa che quei principi vengano rispettati, o meglio fatti rispettare, da tutti.

    3- Il vero problema è quello di reperire persone (giovani o meno) disposte a sollecitare, coinvolgere, coordinare e valorizzare il contributo dei cittadini nell’amministrazione della cosa pubblica, per realizzare una gestione democratica del governo locale (almeno questo, prima).

    Singoli individui capaci se ne trovano dappertutto, l’importante è che essi rispettino esclusivamente le direttive della popolazione amministrata (o meglio della sua maggioranza) adeguatamente coinvolta, non soltanto invitata frettolosamente a compiere il rito elettorale ormai privo di qualunque significato politico effettivo.

    Il vero problema dunque non è “VINCERE” (Che senso ha? Vincere contro chi?), bensì NON PERMETTERE A CHICCHESSIA DI GESTIRE IN PROPRIO PER ANNI UN POTERE CHE APPARTIENE SOLTANTO AI CITTADINI.

    La battaglia elettorale non deve limitarsi ai “programmi”, peraltro quasi sempre vuoti o nebulosi, ma spratutto a un punto primo fra tutti: IMPOSTARE IL SISTEMA DI PARTECIPAZIONE DEMOCRATICA PER TUTTA LA DURATA DELLA LEGISLATURA.

  • 2 Gavino Corda
    18 Febbraio 2011 - 17:16

    Non si possono non condividere alcune affermazioni emerse, ma mi pare necessario ricondurre la discussione a termini più concreti. L’urgenza dei problemi propone alla politica la necessità di porsi OGGI davanti alle realtà che QUI si manifestano.
    Spostare l’attenzione su più generali problemi di trasmissione di valori ( terreno scivolosissimo), di rapporto generazionale e simili,non mi pare politicamente fruttuoso anche se accademicamente suggestivo
    OGGI e QUI abbiamo dei governi locali da rinnovare.
    Da nessuna parte si può più fare appello a blocchi sociali di forze popolari che garantiscano di amministrare democraticamente la cosa pubblica.
    Al contrario, gruppi di interesse privato hanno infettato le rappresentanze politiche e agiscono in modo clientelare per disgregare il tessuto sociale ed istituzionale.
    Da nessuna parte si possono inventare personalità dotate di crsmi in grado di cambiare, da soli, gli aspetti negativi di questa realtà
    Laddove esistono forze sane e capaci di contrapporsi a questa deriva di degrado, è necessario che abbandonino i patriottismi ideologici e di categoria anagrafica, i tatticismi e la rteciproca diffidenza.
    QUI ed OGGI
    Ad Iglesias, a Cagliari, come in campo nazionale.
    Ma cosa deve succedere ancora perchè si finisca tutti.( juvenes et cani) ingoiati dalla fanghiglia che ci circonda?

  • 3 Mario Sciolla
    19 Febbraio 2011 - 09:33

    Vorrei richiamare Gavino Corda a una regola elementare: quando si introduce un tema di discussione, è buona regola affrontarlo, invece di perder tempo a menare il can per l’aia.
    Egli individuava nella sinistra limiti gravi di dirigenza e di proposta (anche nelle candidature) e aggiungeva un ulteriore rischio; anzi, un ulteriore errore: il “giovanilismo”. Citava i casi di Cagliari (un giovane che ha già primeggiato alle primarie) e di Iglesias (una giovane che partecipa alle imminenti primarie).
    Gli ho obiettato che, almeno ad Iglesias, NON si tratta di giovanilismo, ma di una occasione perché chi può (e noi, nel nostro piccolo, possiamo) dia sostegno a quella che si configura come rappresentanza di ampie aspirazioni, non solo giovanili, chiaramente inscrivibili in un percorso POLITICO (non solo generazionale) di rinnovamento. E dicevo che questo nostro sostegno poteva essere un recupero, dopo che si era interrotta la trasmissione di eredità politiche che rischiano di andare disperse. Potevamo, così, fare in modo che “la vena d’acqua” interrotta potesse innestarsi nel corso nuovo e farvi fluire quello che era andato disperso.
    Il buon Corda replica che questo sarebbe uno “Spostare l’attenzione su più generali problemi di trasmissione di valori ( terreno scivolosissimo), di rapporto generazionale e simili” e aggiunge che ciò “non gli pare politicamente fruttuoso anche se accademicamente suggestivo”. Finge di richiamare tutti al QUI e all’OGGI e ai governi locali da rinnovare… e mena il can per l’aia. Finge di non accorgersi che quella candidatura – da lui bollata col marchio del “giovanilismo” – si pone proprio come emblema, da molti sentito anche come lotta ai “gruppi di interesse privato che hanno infettato le rappresentanze politiche e agiscono in modo clientelare per disgregare il tessuto sociale ed istituzionale”.
    Ignorare questo elemento, il valore di simbolo che questa candidatura ha assunto ad Iglesias e l’occasione che si rischia di perdere trascurando questa catalizzazione di ideali – anche, in gran parte, giovanili; e non è un difetto, ma un pregio – porta Corda a non vedere ciò che è evidente. Ahimé, non vi è peggior cieco di chi non vuol vedere.

  • 4 Carlo Saragat
    19 Febbraio 2011 - 16:27

    Volendo ritrovare le acque di un torrente il cui corso si sia arenato in un terreno troppo arido e permeabile, anche Gavino cercherebbe la risorgiva a valle, non a monte, e la troverebbe magari arricchita da altri sali disciolti e da altre acque. E allora, colta la metafora, il giovanilismo, che enunciato come valore a se stante innervosisce anche me, acquista un significato e un valore diverso quando lo si applica non ad una ”personalità dotata di crismi in grado di cambiare, da soli, gli aspetti negativi di questa realtà”, ma a molte, molte persone che, senza fili che le muovano, si ritrovano a condividere nuovamente valori e progetti con l’entusiasmo che a noi è stato sottratto. Quest’acqua che da molto tempo aveva smesso di viaggiare compatta per muoversi sotterranea, dispersa e inefficace, viene fuori QUI e OGGI, e può nuovamente dissetare e irrigare.
    Gavino, non ti ci vedo nelle vesti del vecchio battelliere che vedendo quest’acqua borbotta “ è solo una sorgente, ce ne vuole prima che diventi fiume” e passa avanti sconsolato.

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