Fuori Cappellacci, e poi?

8 Settembre 2011
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Andrea Pubusa

L’altro giorno alla manifestazione incontro un vecchio amico, un professionista, che mi saluta cordialmente ed esclama: “Finalmente un’occasione per esprimere la rabbia contro il governo e la sua politica! Non sono iscritto alla CGIL, ma partecipo con convinzione, è l’unica organizzazione che dà ai cittadini la possibilità di manifestare”. Non ho nulla da obiettare. Annuisco e dico: “Meno male che c’è la CGIL, se no saremmo del tutto privi di voce”. Mai l’avessi detto! Il mio interlocutore m’inonda di una raffica di critiche al PD e ai partiti di opposizione: “Non fanno opposizione”, dice. “Ci sono critiche su singoli punti, ma non viene proposto un progetto alternativo”. Concordo e soggiungo che il PD è sempre diviso su tutto, anche sull’adesione allo sciopero generale: un non partito. Bersani sfila a titolo personale, il rottamatore Rienzi ostenta la sua non adesione. Gli scioperi? Roba d’altri tempi, da rottamare anch’essi!
Poi il mio interlocutore passa alla politica regionale. E per me è dura. Che dirgli? Ma è lui a iniziare. Si vede che non ha occasioni d’incontro e si vuole sfogare. Del resto, ormai senza partito, con poche occasioni di dibattito pubblico, gli unici momenti d’incontro sono effettivamente queste manifestazioni della CGIL. E qui tutti vogliono esternare le loro riflessioni solitarie. “Siccome in Sardegna una legislatura va al centrodestra e una al centrosinistra, la prossima tocca a noi. Ma chi candidiamo e per far che?” Borbotto che effettivamente la situazione è incasinata, non c’è un progetto della giunta Cappellacci, ma l’opposizione non offre alcuna prospettiva. “Il PD è paralizzato dalle fazioni – replica il mio interlocutore – vedrai che poi salta fuori Soru”. “Ha fatto addirittura un giornale regionale, osservo, si vede che qualche ideuzza ce l’ha”. Sì – replica il mio amico – quella di mettere a rischio la vittoria del centrosinistra! Come fa a chiedere consensi se non si pone quotidianamente come leader del centrosinistra. Diserta il Consiglio regionale e da lui non viene alcun progetto alternativo. Come fa a proporsi?”. Annuisco ed osservo che – come ha scritto Vito Biolchini un mese fa su Sardegna quotidiano – occorrerebbe quantomeno un dibattito pubblico sull’esperienza Soru, nel quale ci sia la disponibilità di tutti nel centrosinistra a mettersi in discussione. Soru, ad esempio, dovrebbe ripudiare i suoi modi autocratici di governo e sintonizzarsi col popolo dei referendum e dei movimenti, che ha vinto nella scorsa meravigliosa primavera e noi, democratici senza partito, potremmo su queste basi riannodare un dialogo senza pregiudiziali. Sarebbe un nuovo inizio. “Son d’accordo”, dice il mio interlocutore, “ma non c’è clima per tutto questo. Il giornale di Soru è in realtà l’organo di Sardegna democratica, chiuso a chi non è soriano di ferro. C’è scarsa apertura. Di ripensamenti poi neanche l’ombra! E’ chi non lo ha votato che ha sbagliato! In questa situazione c’è il rischio di perdere le prossime elezioni regionali”. Replico che l’inconsistenza di Cappellacci renderà desiderabile chiunque, anche Soru. Ma il mio amico spera in una buona candidatura delle altre forze del centrosinistra o di SEL. Un colpaccio, alla Zedda, insomma. Non riesco a incoraggiarlo in questa sua speranza. Ma tutto in politica può accadere. Gli dico solo che senza progetto si può anche vincere. Ma poi?

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