Manovra: è sotto attacco la Costituzione

9 Settembre 2011
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Amsicora

Qui stiamo perdendo davvero la bussola. Cosa c’entra con l’uscita dalla crisi l’introduzione in Costituzione di una norma che enuncia il principio del pareggio di bilancio? Ed ancora che c’entra l’abolizione delle Province? Eppure il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera ai due disegni di legge costituzionale con l’intento dichiarato di rafforzare la manovra e placare le incertezze dei mercati rispetto alla situazione italiana. E l’accoglienza avuta da mercati e osservatori economici sarebbe stata buona secondo quanto sarebbe è in un colloquio che il governatore Mario Draghi ha avuto con il premier Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi.
Ora in queste notizie abbiamo la conferma che il riferimento delle manovra non sono i cittadini, con le loro difficoltà, ma i mercati. Dunque, ciò che sta a cuore ai governanti sono i carnefici non le vittime di questa lunga vicenda di macelleria sociale, istituzionale ed economica. Si sfrutta la crisi per introdurre modifiche al quadro normativo, perfino di rango costituzionale, per introdurre regole e principi ispirati al più selvaggio liberismo. Il pareggio di bilancio, infatti, per quel che ne capisco, non è un dogma indiscuttibile, ma è il postulato di una teoria economica opposta al keinesismo. Può costituzionalizzarsi un principio di questa natura? E come si concilia col resto della Carta fondata sul lavoro e sulla incommerciabilità e indisponibilità dei diritti fondamentali? La proposta fa il paio con l’art. 8 della manovra. Dare alla contrattazione aziendale la potestà di derogare perfino alle leggi non solo è una mostruosità giuridica, ma tende a scardinare tutto il sistema di tutele codificato nel corso di una lunga lotta per i diritti dei lavoratori che ha caratterizzato tutto il Novecento. Si può licenziare senza limitazioni. Tutti fuori, se non accettate la riduzione dei vostri salari! Dentro coloro che accettano di lavorare alle condizioni imposte dal padrone! Stiamo tornando ad un clima da padrone delle ferriere. E, attenzione, si tratta di regole che costituiscono un’eversione della prima parte della Costituzione, perché un ordinamento fondato su queste regole non è certamente ispirato al principio di solidarietà ma a quello opposto di duro attacco alla condizione dei lavoratori e ai loro diritti in favore dell’impresa. Non a caso il principio di ‘pareggio di bilancio’ sara’ introdotto nella prima parte della Costituzione, ovvero quella che concerne i Diritti e Doveri dei cittadini. Si enuclea, insomma, una repubblica fondata sul mercato e non sul lavoro.
La vicenda impone di interrogarcci sulla vera natura dell’UE e degli organismi intrenazzionali. Sul decreto-manovra, approvato dal Senato con il voto di fiducia e da oggi all’esame della Camera, arrivano ancora plausi dalle istituzioni internazionali. Se la Bce sottolinea che va nella ”direzione giusta” e che le misure debbono essere attuate subito, per l’Ocse si tratta di ”misure importanti che dureranno nel tempo e che aumentano credibilita’ e fiducia”. La manovra è oramai blindata, essendo il frutto di una inammissibile intromissione di gruppi di potere esterni sul parlamento nazionale. E’ accettabile tutto questo? E’ vero che la nostra Carta ammette, all’art. 11, limitazioni di sovranità in favore di organizzazioni internazionali, ma a condizione che favoriscano la realizzazione dei principi e la soddisfaziione delle libertà fondamentali enunciate in Costituzione. Qui invece si va in direzione esattamente opposta.
Anche la questione delle province dev’essere affontata in un quadro di riflessione serena sulle istituzioni, non sull’onda dell’allarme indotto dalla crisi. Si vogliono abolire le Province con meno di 300.000 abitanti. Al loro posto le Regioni dovrebbbro istituire ”forme associative fra i Comuni”. Una sorta di super-Comuni o, come le chiama il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli, ”province regionali”, cui dovranno andare tutte o alcune delle funzioni che oggi spettano alle Province. Dopo il via libera del ddl costituzionale da parte del Parlamento, che si dovra’ esprimere chiaramente con la maggioranza dei due terzi, la parola ”Province” sara’ cancellata dalla Carta. Ma il quesito è un altro e sta a monte: serve un ente intermedio fra regioni e comuni? Già da quanto dicono i promotori della proposta di legge costituzionale sembra di sì. E allora? Come si vede la materia merita una discussione senza fretta.
Queste notizie ci suggeriscono una cosa sola: dobbiamo prepararci ad una lunga mobilitazione perché nello scontro in atto c’è in gioco la nostra Costituzione e la nostra democrazia. Lo sciopero generale indetto dalla CGIL il 6 non è che l’inizio.

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