In ricordo di Commoner, il padre dell’ecologia sociale

16 Ottobre 2012
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Alberto Ziparo


È scomparso nei giorni scorsi, all’età di 95 anni, Barry Commoner, uno dei padri dell’ambientalismo - non solo scientifico - contemporaneo. Per la mia generazione Commoner è stato il primo intellettuale ad iniziarci all’ecologismo. Era un tempo (primi anni ‘70) in cui, anche a sinistra, parlare di ambiente era difficile. Prevaleva una cultura sviluppista e industrialista, che non lasciava spazio a riflessioni di segno diverso. Grazie ai suoi seguaci italiani, da Zorzoli a Maccacaro, a Bettini, siamo riusciti, per merito anche di politici come Lucio Magri, Luciana Castellina ed altri, ad acquisire e mettere in circolo questa tematica, anche se c’è ancora molto da lavorare e studiare. Barry Commoner, comunque, rimane nei nostri cuori per essere stato un pioniere, un apripista, un gigante. E di ciò dobbiamo essergli sempre grati.
Ecco ora il ricordo del grande intellettuale, a
pparso su Il Manifesto. (A.P.)
 È morto nella sua casa newyorkese di Brooklyn Hights, dopo oltre sessanta anni di militanza ecologista e di impegno professionale come biologo naturalista, insegnando nell’Università di Washington, dove, nel 1966, fondò il centro «Biology of Natural Systems».
Ha lasciato - oltre che una straordinaria capacità di divulgare al grande pubblico i termini della questione ambientale - molte indicazioni programmatiche - elaborate per la realtà statunitense ma poi riprese in Europa - per la gestione dei problemi ecologici più gravi: la necessità di bloccare il nucleare, la riduzione, fino ad abbandonare, l’uso di carbone e petrolio, la necessità del riciclo e della differenziazione dei rifiuti. Allo stesso tempo, Commoner ha studiato a lungo l’effetto serra, provando ad immaginare, anche in questo caso, interventi mirati per affrontarne alcuni effetti.
I suoi scritti più noti, negli anni Sessanta e Settanta, sono stati riferimenti fondamentali per l’ecologismo scientifico e la diffusione del movimento ambientalista: Scienza e Sopravvivenza, Il Cerchio da Chiudere e la Povertà del Potere (1976), tutti pubblicati in Italia da Garzanti, ponevano al centro della riflessione la «questione ambientale», fattore di crisi sociale ma anche prodotto del modello di sviluppo capitalistico in via di globalizzazione. L’uso di categorie marxiste gli permetteva così di analizzare degradi e dissesti di territori ed ecosistemi attraverso le contraddizioni insite nei processi di produzione industriali e agricoli, e nella stessa organizzazione di servizi e spazi di relazione: ne Il Cerchio da Chiudere Commoner dimostra l’ineluttabilità della crisi ecologica alimentata dalla trasformazione dei beni «utili alla vita umana» - compresi quelli pubblici e collettivi - in merci da consumare. Qualche anno dopo nella Povertà del Potere, dopo una accurata analisi delle contraddizioni ecologiche ed economiche derivanti da un modello energetico basato sul petrolio, il carbone e il nucleare, Commoner - anticipando problematiche divenute correnti - concludeva che questo uso antisociale dell’economia poteva portare a un «collasso del sistema». Il corollario di questa deriva «fallimentare» era lo svuotamento del ruolo del decisore politico e il suo embodiment nel corpo degli interessi speculativi.
Commoner ha lottato contro diverse amministrazioni federali, arrivando a candidarsi, con il Citizen Party, alla presidenza contro Reagan. In quell’occasione raccolse pochissimi voti, ma la sua campagna elettorale contribuì alla crescita dell’interesse verso i temi da lui portati nella campagna elettorale. Commoner è però riuscito ad ottenere risultati importanti: nel 1969 fu uno dei protagonisti dell’iniziativa che portò l’amministrazione Nixon a promulgare la Legge Quadro sull’Ambiente. Fu anche protagonista delle mobilitazioni per la costituzione di un’Agenzia per l’Ambiente, per far approvare norme sul riciclo, la differenziazione dei rifiuti, nonché leggi per introdurre vincoli ambientali in alcuni settori produttivi: tutte leggi diventate più tardi direttive europee.
La sua azione scientifica e militante ha avuto molto seguito anche in Italia: negli anni Settanta, oltre che con Laura Conti e G. B. Zorzoli, aveva collaborato con Medicina Democratica di Giulio Maccaccaro, e soprattutto con Virginio Bettini, professore di Ecologia alla Scuola di Urbanistica dello Iuav, dando il suo contributo a molte mobilitazioni italiane, da Seveso a Marghera, alle lotte contro il nucleare e il carbone.

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