Le mie risposte alle vostre domande

21 Ottobre 2012
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Nichi Vendola

Ci sembra utile alla riflessione sulle prospettive della sinistra questo articolo del leader di Sel, apparso su Il Manifesto di martedì.

Ringrazio Carmine Fotia per le domande che ha rivolto a me e agli altri candidati alle primarie del centrosinistra dalle pagine del manifesto. Le sue domande proseguono la traccia del confronto avviato il 10 ottobre a Roma con le associazioni e con tante realtà della cittadinanza attiva. In quell’occasione non solo abbiamo potuto acquisire punti di vista e proposte maturate nel vivo dell’esperienza quotidiana di persone «appassionate» e competenti, ma anche, cosa ancora più importante, abbiamo visto finalmente il campo largo che intendiamo rappresentare nella prossima sfida per il governo del paese.
Non un’alleanza ristretta ai partiti ma gli uomini e le donne che esprimono compiutamente il senso delle parole, Italia Bene Comune, che abbiamo scelto per il nostro progetto di cambiamento.
Le domande di Fotia per quanto mi riguarda sono «il» programma politico che intendo far vivere nella competizione delle primarie e, poi, per la proposta di governo del nostro paese.
Sono tra i promotori dei referendum contro l’abrogazione dell’articolo 18 e dell’articolo 8 contenuto nella legge Tremonti-Sacconi, che di fatto hanno compromesso diritti fondamentali e la stessa vigenza del contratto collettivo nazionale. Per questo, non solo lo sottoscriverò, ma tutta la nostra organizzazione è impegnatissima nella raccolta delle firme.
Non siamo per niente d’accordo con le norme introdotte dai ministri del lavoro dei due ultimi governi, Sacconi e Fornero. Qualcuno ricorda quando i ministri Brodolini e Donat Cattin, che introdussero una legge straordinaria come lo Statuto dei Lavoratori, dicevano «non siamo ministri del Lavoro ma dei Lavoratori»? Ecco, Sacconi e Fornero potrebbero tranquillamente dire a loro volta «non siamo ministri del Lavoro, siamo ministri dell’Impresa»!
L’azione di smantellamento di quei diritti, conquistati in decenni di lotte e che hanno garantito per decenni che la ricchezza del paese crescesse proprio di pari passo alla crescita dei diritti dei lavoratori, ha lesionato irrevocabilmente il rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni. Cos’altro sarebbe, altrimenti lo sconcio balbettare sulla pelle degli esodati? O il silenzio custodito a manganellate su Alcoa e Carbonsulcis? Per non parlare della subalternità complice ai deliri di onnipotenza di Marchionne?
Li firmo e li farò firmare. Per poterli portare prima in Parlamento e poi per consentire ai cittadini di dire l’ultima parola. Ci siamo già riusciti con i referendum sull’acqua pubblica e contro il nucleare. Anche lì siamo partiti in non molti. Poi li abbiamo vinti e siamo riusciti a cambiare un po’ della storia di questo paese.
Sulla Rai è da tempo che sostengo la proposta delle associazioni, da “Move on” a tante altre, le stesse che organizzeranno a Roma la notte bianca per la Rai il prossimo 18 ottobre. La mia campagna per le primarie è partita da Pompei ed Ercolano, due luoghi simbolo per la cultura del nostro paese.
La centralità della cultura non è un supplemento domenicale, né un esibizione di volti più o meno noti «vicini» ai politici di turno. Per me mettere al centro la cultura vuol dire restituire ai cittadini il più potente strumento di autonomia e di formazione del pensiero critico. Perciò la Rai, che è la più grande azienda culturale italiana, deve liberarsi da condizionamenti politici e mercantilistici. La sua funzione di servizio pubblico è stata fortemente minata nel corso degli ultimi anni e, come dice Fotia, non basta certo una presenza di esponenti di associazioni importanti per risolvere i guasti strutturali che la condizionano.
Il progetto di Rai che sostengo è innanzitutto quello che la liberi dai partiti, abolendo la pessima legge Gasparri che l’ha messa nelle mani di interessi politici che, nel ventennio berlusconiano, si sono intrecciati fortemente con il conflitto di interessi del Cavaliere. Perciò propongo e sostengo un modello di gestione nel quale il ruolo prevalente sia dei cittadini e dei lavoratori della Rai. Un modello di governo assai distante da quello «tecnico» di Gubitosi e Tarantola, che non stanno aggredendo i nodi strutturali (come la sproporzione della raccolta pubblicitaria verso Mediaset) e che intendono indebolire l’azienda al punto tale che la predispongono a una incipiente privatizzazione. Voglio ribadire con forza il ruolo e la funzione del servizio pubblico, sottratto alle consorterie politiche e restituito alla fruizione dei cittadini.
Alla terza domanda potrei rispondere che sì, non voglio un Monti bis e che la carta d’intenti neppure lo nomina. Potrei anche rispondere: leggete quello che ho scritto fin qui, basta e avanza per chiedere una netta discontinuità. Eppure non mi basta. Non basta dire a cosa siamo contrari ed in particolare perché Monti (di Casini non parlo neppure, tanto è lontano dal mio orizzonte…) non ci piace.
Vorrei dire che l’alternativa che intendo costruire insieme all’alleanza “Italia Bene Comune” è fatta di tanti sì. Dalla cittadinanza ai bambini nati in Italia all’introduzione di una patrimoniale sui grandi patrimoni; dalle smart cities alla ricostruzione della nostra scuola pubblica. Abbiamo tanto da fare, sappiamo che il lavoro che ci attende è assai gravoso ma siamo felici non siamo soli.
E però le domande, diceva qualcuno «aiutano a crescere».
 

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