Giù le mani dall’art. 138 della Costituzione

10 Ottobre 2013
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Red 

Sabato 12 a Roma in Piazza del popolo si svolgerà la manifestazione in difesa della Costituzione indetta con appello di intellettuali e sindacalisti (Rodotà, Zagrebelsky, Carlassare, Don Ciotti, Landini e altri). In vista di questa importante scadenza, pubblichiamo interventi e prese di posizione in difesa della Costituzione contro il progetto di manomissione e stravolgimento del PD-PDL.
Ecco una presa di posizione del M5S, che, finora, grazie anche alla sua forza parlamentare, ha svolto la più incisiva opposizione a questo progetto in seno alle Camere e non solo. Infatti, come si ricorderà ,v
enerdì 6 settembre, in tutta fretta, è iniziata e si è poi conclusa alla Camera dei Deputati la discussione del Disegno di Legge Costituzionale proposto dal Governo, di modifica del procedimento di revisione costituzionale ex art. 138 della Costituzione. In realtà, il governo e la maggioranza PD-PDL voleva “definire la pratica” entro agosto, ma l’ostruzionismo del M5S e di SEL hanno indotto la maggioranza a rinviare la discussione e l’approvazione ala ripresa dei lavori parlamentari. Il M5S, a settembre, ha anche inscenato una protesta sui tetti di Montecitorio, per la quale la precisina presidente Boldrini li ha (ridicolmente) mulati per 3.500 euro, omettendo di pensare che il diritto di resistenza, quando si vuole manomettere la Carta, è sacrosanto o comunque giustificato, come il M5S ha spiegato in questo documento pubblicato nel blog del Movimento. 

La Costituzione della Repubblica Italiana è un testo di tipo rigido, gerarchicamente posto al di sopra della legge ordinaria e modificabile solo da leggi costituzionali. Sono stati previsti anche specifici limiti alla revisione costituzionale, tra cui appunto l’art. 138, che definisce norme e tempi e l’art. 139 che definisce immodificabile la natura Repubblicana del paese, così come sono considerati immodificabili (almeno in peggio) i primi 12 articoli contenenti i Principi fondamentali.
L’art. 138 prevede che le leggi di modifica della Costituzione e delle altre leggi costituzionali siano adottate da ciascuna Camera con 2 successive votazioni ad intervallo non minore di 3 mesi (due per la Camera e due per il Senato, incrociate). Per la prima votazione non è richiesta alcuna maggioranza qualificata e, perciò, la legge costituzionale può essere approvata anche a maggioranza semplice. Nella seconda votazione è richiesta la maggioranza assoluta. Nel caso in cui la legge non sia approvata almeno dai 2/3, è possibile sottoporla a referendum di tipo confermativo, senza quorum, nel caso in cui ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
E’ ovvio che si vuole mettere mano agli strumenti di revisione della Costituzione, per poterla cambiare radicalmente e rapidamente.
Intendiamoci, non siamo tra quelli che dicono che la nostra Costituzione è la migliore possibile (è infatti una Costituzione conservatrice, frutto del compromesso politico tra le opposte posizioni del CLN che rappresentavano i due blocchi che avrebbero dominato i decenni a venire), forse nemmeno la migliore esistente (ci sono Costituzioni che non pongono alla base il lavoro, ma la dignità dell’essere umano in quanto tale o addirittura tutti gli esseri viventi e i beni comuni, Costituzioni in cui la partecipazione popolare non è residuale, ma si esprime tramite referendum senza quorum su ogni materia per una vera Democrazia Diretta), e anche noi vorremmo modificarla, ma siamo per il rispetto delle regole.
Con l’avallo dell’unico Presidente della Repubblica rieletto, Re Giorgio Napolitano, è stato nominato prima un Gruppo di Lavoro (Onida, Violante, Quagliarello, Mauro), che ha prodotto un documento per le riforme costituzionali, poi un Comitato di 35 Saggi (ecco chi sono) che dovrebbe dettare le modifiche costituzionali che riguardano la forma di Stato, la forma di Governo e l’assetto bicamerale del Parlamento, nonché la riforma dei sistemi elettorali. Ad esempio, si vorrebbe andare verso il Presidenzialismo, cioè più potere al Presidente del Consiglio, con ulteriore svuotamento di senso e di potestà del Parlamento, che diverrebbe un mero organo di ratifica, come già oggi succede con l’eccessivo ricorso alla decretazione d’urgenza, mentre ancora c’è mistero sulla legge elettorale che verrà partorita per indebolire il M5S.
La legge costituzionale che è in discussione, come vedete sul sito della Camera, vorrebbe scrivere nero su bianco quanto fatto, scavalcando l’art. 138, rendendo obbligatoria la creazione di un Comitato bicamerale di 40 (20 senatori e 20 deputati, in realtà 42) che, sulla base di quanto predisposto dai Saggi, proporrebbe le modifiche costituzionali al Parlamento.
A che servirebbe più il Parlamento?
Non solo: si vorrebbe pure diminuire l’“intervallo” di tempo tra le deliberazioni delle Camere, con l’urgenza richiesta dal Governo (che dimezza tutte le tempistiche), con un tempo totale per l’approvazione delle riforme di 18 mesi massimo (che poi è il tempo che Napolitano da al Governo Letta). Il  tutto rendendo dunque più difficile per l’opinione pubblica informarsi ed informare per, ad esempio, indire il referendum confermativo, in caso di non raggiungimento dei 2/3 dei voti dei parlamentari.
L’11 luglio il disegno di legge è stato approvato, con modifiche, dal Senato e trasmesso alla Camera che ne ha avviato l’esame il 17 luglio (A.C. 1359). Ed è stato poi stoppato dai nostri parlamentari alla Camera ad inizio agosto, con un “c-ostruzionismo” di 48 ore consecutive, riuscendo a far spostare discussione finale e votazioni a settembre.
Il M5S vuole ridare centralità al Parlamento, con la netta separazione tra il potere legislativo, appunto ai parlamentari, da quello esecutivo, al Governo, e, perché no, del Giudiziario, con la fine delle ingerenze della politica nelle nomine ad esempio del CSM, ma anche e soprattutto con la restituzione della sovranità ai cittadini, con la possibilità di scegliere i propri rappresentanti e di revocarli in caso non rispettino il mandato programmatico o di gravi inadempienze. L’incarico politico è infatti un servizio alla cittadinanza, temporaneo, e non uno strumento per costruirsi una carriera dirigenziale con finalità di arricchimento.
Ora, per evitare il peggio, occorre fare informazione all’esterno del Palazzo, occorre una mobilitazione capillare a livello nazionale. Per questo il M5S vuole coprire il Paese con punti informativi sulla modifica dell’art. 138 e su tutte le nostre proposte bocciate dalla maggioranza delle larghe intese che si sente legittimata a derogare da ogni freno democratico.
Noi non molleremo mai!

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