Tsipras: basta con la sinistra prêt-à-porter!

8 Marzo 2014
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Gianni Fresu

È inutile, la maledizione della “Sinistra e l’arcobaleno” ci perseguita. Come un tossicomane alla vista del suo pusher, allo stesso modo la cosiddetta sinistra radicale non resiste alla tentazione e (alla vigilia di una tornata elettorale) puntualmente s’inventa l’ennesimo colpo di teatro. Immagino dirigenti e intellettuali della “sinistra alternativa” all’approssimarsi del voto in preda ai sudori di freddo, percorsi da tremori e convulsioni fino a – in uno stato ipnotico tale da fargli scordare quanto hanno fatto fino a quel momento – rigurgitare l’ennesimo logo associato a sigle o slogan più o meno evocativi. Viene da chiedersi, ogni volta mobilitano un creativo nuovo o hanno appaltato il confezionamento delle nostre sconfitte alla stessa persona?
Quello dei cartelli elettorali effimeri è uno stupefacente di cui la sinistra (dal 2008) non riesce più fare a meno. Ogni volta abbiamo un nuovo coniglio da tirare fuori dal cilindro a pochi mesi dal voto, ogni volta un simbolo nuovo e del tutto anonimo che (non si capisce per quale ragione) lavoratori, disoccupati e fasce popolari in genere dovrebbero riconoscere e addirittura sostenere. Mai che ci si decida ad impegnarsi nella costruzione di un vero è proprio soggetto politico, permanente e organico, in un processo di lungo periodo. Tutto nasce e muore attorno al momento elettorale e la cosa divertente è che i più ostinati fautori di questa politica “usa e getta” sono sovente i più acerrimi critici dell’istituzionalismo. Così non si va da nessuna parte, oltre all’ennesima sconfitta, si mandano solo al massacro tanti militanti per l’ennesima campagna di Russia da cui torneranno inevitabilmente malconci e con la sola voglia di andare a casa. Ma ci si rende conto che di elezione in elezione perdiamo compagni, dopo averli spremuti e illusi, e non ne recuperiamo di nuovi?
Prima vengono i progetti politici e poi le urne, noi pretendiamo sempre di invertire questi due termini e così ci troviamo impegnati in una interminabile via crucis, le cui tappe sono scandite da nuovi Comitati elettorali, anziché impegnarci con continuità e coraggio su un progetto politico con la stessa pazienza di chi sa seminare, curare la terra e poi, magari, ottenere un raccolto. La fretta per le esigenze della scheda elettorale, rispetto alle quali non ci siamo mai sentiti pronti e adeguati, la fregola di eleggere, o meglio di essere eletti, ci ha puntualmente fregato. Ogni volta, a pochi mesi dal voto, abbiamo tentato la “mossa del cavallo” inventandoci il cartello elettorale di turno, per poi abbandonarlo subito dopo. E’ una eterna coazione a ripetere degli stessi errori senza che mai nessuno si sogni di fare lo straccio di un bilancio e trarne le conseguenze.
Nel documento politico che proponemmo la scorsa estate avanzavamo essenzialmente due punti: 1) Avviare un processo Costituente che ponesse finalmente in termini politici e organizzativi la questione dell’unità dei comunisti, superando anzitutto le due organizzazioni esistenti in un nuovo soggetto insieme ai compagni oggi non attratti né dalla prima né dalla seconda; 2) Costruire un fronte sociale e politico della sinistra contro le politiche liberiste di governo e UE. Abbiamo poi affermato l’insufficienza e persino l’inutilità di un termine in assenza dell’altro: non basta unire i comunisti in un nuovo soggetto se poi non riesci ad aggregare anche la sinistra più vasta in un patto d’unità e d’azione; allo stesso modo è velleitario pensare di creare un fronte della sinistra se i comunisti si presentano divisi e persino contrapposti, perché inevitabilmente finiscono per subire la direzione di altri, anche se insignificanti. Quanto sta succedendo ora rispetto alla “Sinistra per Tsipras” (la subalternità verso il circolo “Pickwick” delle anime belle, guidato dai vari Revelli, Flores d’Arcais e Spinelli) conferma drammaticamente tutto questo.
Nel corso di otto anni quattro competizioni elettorali con quattro diversi simboli e altrettante liste: è accaduto alle politiche del 2008, con la Sinistra Arcobaleno, alle precedenti elezioni Euoropee, con la Lista comunista e anticapitalista, nelle ultime elezioni del 2013 dove, nel breve volgere di pochi mesi, abbiamo bruciato ben due soggetti inventati all’occorrenza, Cambiare si può e Rivoluzione Civile.  Immemori di questa consolidata tendenza al fallimento perseveriamo e, a tre mesi dalle elezioni europee, siamo avviluppati nell’ennesima campagna estemporanea: la “Sinistra per Tsipras”,  un nome che evocherà ai comuni mortali italiani (quelli che purtroppo votano) creme idratanti o detersivi, e il tappo del “Sanbitter” come contrassegno elettorale, forse sperando nel sostegno almeno dei baristi.
Scherzi a parte, si ha voglia di prendersela con Renzi, Berlusconi o Grillo, se non siamo in grado di mettere in campo un progetto politico, non elettorale, capace di contrastarli e offrire un’alternativa reale nella società, 365 giorni all’anno, ci meritiamo tutto quel che sta accadendo, anzi dovremmo persino stare zitti per evitare figuracce. Personalmente mi sono rotto di questa sinistra Prêt-à-porter e, francamente, non credo di essere il solo.

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