L’ordoliberalismo e l’”economia umana”

7 Maggio 2015
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Gianfranco Sabattini

Wilhelm Röpke, un economista svizzero, tedesco di nascita, è stato l’ideatore dell’”economia sociale di mercato” (social market economy), che ha ispirato la politica economica della Germania del periodo della sua ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale. I principi ispiratori si questa politica hanno influenzato non poco il modello di organizzazione economica adottato dai Paesi aderenti all’Unione Europea; nell’attuale fase critica dell’Unione, la Germania vorrebbe che a quei principi si rifacessero, per sanare le loro economia, quei Paesi, fra i quali L’Italia, i cui conti pubblici sono in forte dissesto.
Da un punto di vista economico, Röpke auspicava la nascita di una sorta di “umanesimo economico”, che lui stesso definiva “terza via”, ossia un compromesso tra il liberalismo e il socialismo; nella società da lui teorizzata, i diritti umani costituivano il perno fondamentale, mentre l’individualismo, proprio del pensiero liberale, era bilanciato da principi di solidarietà.
Il compromesso trovava la sua base teorica nell’ordoliberalismo, elaborato dalla scuola di Friburgo nel periodo tra le due guerre mondiali; l’idea di società solidale che ne derivava, si è posto, sin dalla nascita, come tentativo ideologico mirato a rendere possibile il recupero dei valori propri del primo liberalismo, liberandolo dai limiti del “liberismo del laissez-faire, lassez-passer”, attraverso il “governo del mercato” senza che l’intervento dello Stato risultasse eccessivo. Secondo Röpke, le politiche sociali utili al superamento dei limiti del primo liberismo non dovevano limitare i processi di un libero mercato.
I principi ispiratori dell’umanesimo economico di Röpke sono raccolti in un volume pubblicato originariamente nel 1958; il libro è stato ora ripubblicato in Italia, a cura di Dario Antiseri e di Flavio Felice, col titolo “Al di là dell’offerta e della domanda”. L’opera, a parere di molti, rappresenta il testamento spirituale che, secondo Flavio Felice, curatore della “Prefazione”, si colloca nella prospettiva dell’antropologi cristiana, propria dell’economista-sociologo svizzero. “La mia immagine dell’uomo – afferma Röpke in apertura – è modellata sul retaggio spirituale della tradizione antica e cristiana; nell’uomo io vedo l’immagine di Dio e ho nel sangue il convincimento che sia orribile peccato degradare l’uomo a semplice strumento (anche se col richiamo a nobili ideali) e che ogni anima sia qualcosa di incomparabile e di inalienabile, al cui confronto ogni altra cosa è assolutamente priva di valore”.
Nel volume Röpke riconsidera criticamente le trasformazioni economiche e sociali realizzate, a partire dal secondo dopoguerra, nei principali Paesi democratici europei, evidenziandone i successi conseguiti, ma soprattutto i rischi e le degenerazioni; con la sua analisi della costruzione dello Stato sociale, sulla scorta del contributo alla teoria economica di John Maynard Keynes, Röpke rinviene nello “Stato assistenziale” e nell’”inflazione cronica” i due aspetti, sui quali è fondata la struttura del disegno keynesiano, destinati a condizionare in negativo la sopravvivenza della democrazia liberale e dell’economia di mercato.
Lo Stato assistenziale deriverebbe, secondo Röpke, dal fatto che la cultura economica e gli interessi politici sono riusciti a far credere che l’espansione del ruolo assistenziale dello Stato possa costituire un indice di progresso, espresso dal fatto che i singoli soggetti non avrebbero più l’incombenza di pensare a se stessi ricorrendo al loro senso di responsabilità, preferendo, invece, l’attesa di aiuti che, per essere erogati, devono essere pagati dai contribuenti, attraverso la fiscalità, oppure attraverso le restrizioni imposte da una svalutazione monetaria. Per Röpke, l’inflazione cronica, associata allo Stato assistenziale, non sarebbe solo una semplice variabile tecnica del sistema economico, ma anche e soprattutto la conseguenza economica di un disordine morale, causato dal fatto che gli aiuti ricevuti dallo Stato sono fruiti dai singoli soggetti, senza che essi si interroghino se i trasferimenti obbligatori sono compatibili con la preservazione di una “società sana”; pertanto, il superamento del disordine morale, potrà essere realizzato solo andando “al di là dell’offerta e della domanda”, ovvero solo attraverso un solidarismo volontario e una ridistribuzione della ricchezza realizzata fuori dalle leggi di mercato.
Il motivo per cui i singoli Paesi sono afflitti dall’inflazione cronica è dovuto, secondo Röpke, al fatto che gran parte degli economisti dopo Keynes “è stata educata, si può dire, a considerare i grandi aggregati economici ignorando ciò che prima costituiva il vero contenuto […] della dottrina economica: l’ordinamento economico è un sistema di elementi singoli – prezzi, salari, interessi, ecc. – in continuo movimento generale”. Con l’insegnamento di Keynes, l’idea di questo movimento è stata superata per essere sostituito da “una specie di ingegneria economica sempre più infiorata da equazioni matematiche”. Se non ci fosse stato Keynes, conclude Röpke, “la scienza economica sarebbe stata un po’ più povera, ma i popoli sarebbero stati tanto più ricchi e non avrebbero conosciuto “i morsi dell’inflazione”.
Per sottrarsi agli effetti negativi dell’assistenza dello Stato a dell’inflazione cronica, ai singoli componenti dei sistemi sociali democratici non resterebbe che fare appello alla dottrina sociale della Chiesa e alla “sua nozione di giustizia sociale”. Ciò perché – sostiene Röpke - ognuno dovrebbe mettere a frutto il proprio talento, senza mai dimenticare però la responsabilità che gli deriva, in termini moralmente obbligatori, da una “posizione privilegiata”. Uno dei doveri di chi possiede ricchezza è di contribuire a colmare le lacune del mercato; è un compito, questo, che non deve essere affidato allo Stato, se si vuole essere liberi in una società libera. Al riguardo, Röpke, dimenticando che una delle lacune del libero mercato è quella di creare disuguaglianze distributive e stati di indigenza economica per larghe fasce sociali, ritiene che la società giusta possa essere garantita, usando la ricchezza “al di là dell’offerta e della domanda”, solo pensando “al mecenatismo, al generoso aiuto dato ai teatri lirici e di prosa, alla musica, alle belle arti e alle scienze, cioè a tutte quelle cose che rischierebbero di morire se si pretendesse di ricavarne un guadagno”.
Al di là del di questa concezione riduttiva della ridistribuzione del reddito, vien fatto di pensare che Röpke, elaborando la sua teoria sulla società giusta, non abbia considerato che una giustizia sociale realizzata “al di là dell’offerta e della domanda”, attraverso il volontarismo solidale dei singoli componenti il sistema sociale, è di tipo caritatevole; fatto, questo, che rende la sua giustizia sociale avvilente per i singoli che ne fruiscono perché in stato di bisogno. Ciò non significa che lo “Stato assistenziale”, nato dopo l’avvento del keynesismo, costituisca la quintessenza di una solidarietà liberata da ogni residuo di natura caritatevole; si spera, tuttavia, che esso rappresenti un reale progresso verso una effettiva realizzazione, “al di là dell’offerta e della domanda”, di una “piena cittadinanza” per tutti, fondata su una la giustizia sociale realizzata in termini pre-politici e non con atti compassionevoli, ritenendo, con Röpke, che la ricchezza di cui ognuno dispone possa “obbligare” al loro compimento.

1 commento

  • 1 Francesco Cocco
    7 Maggio 2015 - 11:03

    Ringrazio Franco Sabatini per questa segnalazione. La giudico estremamente importante per la ricerca dell’ “uomo responsabile” che è diventato ormai il tema centrale per superare i limiti e le contraddizioni propri di certo capitalismo consumistico e soprattutto di certo “socialismo reale” proprio dei regimi dell’ Est prima della caduta del muro. In fondo è il tema centrale nella ricerca di una “terza via”.

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