Legge elettorale regionale: al Consiglio di Stato non dispiace la disparità di genere

19 Giugno 2015
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A.P. 

Il Consiglio di Stato ha pubblicato la sentenza con la quale ha respinto il ricorso di Angelo Stochino contro l’elezione di Francesco Sabatini al Consiglio regionale. Stochino chiedeva in buona sostanza l’esclusione delle liste d’Ogliastra con due candidati maschi per violazione dell’art. 4, comma 4, della l.r. Sardegna n. 1 del 2013, secondo il quale «In ciascuna lista circoscrizionale, a pena di esclusione, ciascuno dei due generi non può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati; si arrotonda all’unità superiore se dal calcolo dei due terzi consegue un numero decimale». Tale esclusione avrebbe comportato alla fine di un giro tortuoso all’estromissione di Sabatini dal Consiglio regionale in favore dell’ingresso di Stochino.
I giudici di Palazzo Spada hanno detto che le cose vanno bene come stanno, con una motivazione invero sforzata, almeno in riferimento alla disciplina costituzionale. Siccome - dice il giudice amministrativo - la legge elettorale regionale prevede che nelle liste circoscrizionali i due terzi dei candidati devono essere di genere diverso, in Ogliastra dove i candidati sono solo due, la norma non trova applicazione perché non possono farsi utilmente i due terzi di due. Pertanto - secondo i giudici di Palazzo Spada - non si può escludere la lista che non contiene neanche una donna. La norma costituzionale che promuove il superamento della storica disparità fra uomo e donna nelle istituzioni è solo un’auspicio, senza carattere di stretta precettività.
Con tutto il rispetto, a noi sembra che, se è vero che non si può fare 2/3 di due con un risultato che importi il semplice riequilibrio di genere nelle candidature, la spinta all’eguaglianza uomo/donna sancito nella Costituzione, alla soluzione 2 a 0 rende preferibile quella che conduce all’1 a 1, ossia la parità di genere. Non si può scordare che l’art. 3 pone il principio di uguaglianza ”senza distinzione di sesso” e che è più conforme al precetto costituzionale la perfetta parità piuttosto che la disparità assoluta.
Un’interpretazione, dunque, quella del Giudice amministrativo formalista e…maschilista!
Forse sulla decisione ha pesato un’altra assurdità della legge elettorale regionale, e cioé che l’accoglimento del ricorso non avrebbe condotto all’elezione di una donna… in luogo di quella di un uomo! A Francesco sarebbe subentrato Angelo…non Angela! Dunque, la disposizione pro parità di genere, è stata invocata per sostituire un maschietto con un altro… maschietto! L’accoglimento del ricorso avrebbe condotto ad una vera bizzarria!
Insomma tanti buoni motivi per un rinvio della legge alla Corte costituzionale. Si ricordi che il rilievo di costituzionalità può essere sollevato dal Giudice anche d’ufficio. Ma per il giudici di Palazzo Spada la eguaglianza “senza distinzione di sesso” è uno di quei nobili principi di cui parlare ai giovani a scuola o da enunciare con passione nei talk show, non da applicare in concreto.
Morale della favola, in Ogliastra l’art. 3 della Costituzione è sospeso grazie alla nostra legge-truffa regionale. Ma a ben vedere delle tre affascinanti sorelle (liberté, égalité, fraternité), la seconda non ha mai goduto di grande favore (fa a pugni col capitalismo ed è in antitesi col liberismo e col maschilismo). In verità, in Italia (e dintorni) ha scarso seguito anche la fraternité (v. migranti e Grecia). La liberté è quella meno violentata, ma è anch’essa scandalosamente insidiata, basta vedere nel democratico bel Paese lo stato dei media. Insomma, c’è da combattere assai.
Rimane ora al Consiglio di Stato da pubblicare la decisione sul ricorso-madre contro la legge truffa regionale, presentato da Marco Ligas ed altri 25 compagni, che chiede il rinvio della legge alla Consulta per l’annullamento del premio di maggioranza e della soglia di sbarramento. Speriamo che i giudici di Palazzo Spada diano una lettura più adeguata della nostra Carta!

Chi volesse leggere l’intera sentenza, ecco il link
https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/AmministrazionePortale/DocumentViewer/index.html?ddocname=65OFXXWUQZFLZKMFTDYCMZ2YF4&q=stochino%20or%20angelo

Ecco invece  la motivazione della decisione nella parte che ci interessa.

V.1.1.- Osserva in proposito il collegio che il T.A.R. con l’impugnata sentenza, ha interpretato l’art. 4, comma 4, della l.r. Sardegna n. 1 del 2013 (secondo il quale «In ciascuna lista circoscrizionale, a pena di esclusione, ciascuno dei due generi non può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati; si arrotonda all’unità superiore se dal calcolo dei due terzi consegue un numero decimale»), nel senso che, avendo indicato quattro liste soltanto due candidati nella circoscrizione dell’Ogliastra, nessuno dei quali era di sesso femminile, tale disposizione non sarebbe stata violata dall’ufficio elettorale (che, nonostante ciò, ha ammesso le liste suddette alla competizione elettorale), pur se non vi è stata la partecipazione di rappresentanti di entrambi i generi; ciò in quanto – malgrado la regola dell’arrotondamento all’unità superiore –poteva esservi la presentazione di due candidati dello stesso genere, non comportando ciò alcuna discriminazione, dal momento che la normativa sopra riportata non impone una partecipazione paritaria tra generi, ma solo la promozione della partecipazione alla vita pubblica delle donne.

Ritiene la Sezione che vanno confermate le conclusioni cui è addivenuto il giudice di primo grado, pur se per ragioni in parte diverse da quelle espresse nella impugnata sentenza.

Proprio il tenore letterale dell’art. 4, comma 4, primo periodo, della citata l.r. n. 1 del 2013, esclude che nell’ambito nella Circoscrizione elettorale dell’Ogliastra, ove le formazioni politiche erano tenute alla presentazione di liste con soli due candidati, fosse applicabile la disposizione in esame, laddove stabilisce che in ciascuna lista circoscrizionale, a pena di esclusione, ciascuno dei due generi non può essere rappresentato «in misura superiore ai due terzi» dei candidati.

Perché sia possibile il calcolo di «due terzi» dei candidati, deve infatti essere il loro numero almeno pari a tre.

Qualora la disposizione avesse voluto riferirsi anche all’ipotesi in cui le liste potevano contenere solo due candidati, in base a normali criteri logico ermeneutici, il legislatore avrebbe dovuto anche espressamente precisare che, in tal caso, o era consentita la presentazione di due candidati dello stesso genere o che essi sarebbero dovuti necessariamente appartenere a due generi diversi.

Il tenore del capoverso del comma in questione, laddove stabilisce che si arrotonda all’unità superiore se dal calcolo dei «due terzi» consegue un numero decimale, ha senso solo se riferito ad un numero di candidati superiore a tre, consentendo comunque la candidatura di uno o più candidati di genere diverso, e non se riferito a circoscrizioni in cui le liste dovevano essere composte da due candidati, atteso che, in tal caso, come rilevato dal primo giudice, comunque, in applicazione del capoverso citato, sarebbero stati candidabili anche due candidati dello stesso genere.

Deve quindi ritenersi che la legge regionale della Sardegna abbia inteso salvaguardare la partecipazione di entrambi i generi nell’ambito delle elezioni solo nell’ipotesi in cui i candidati nelle circoscrizioni fossero almeno tre.

La disposizione, così intesa, non può ritenersi contrastante con la ratio ad essa sottesa, che è quella di promuovere la parità di genere nella partecipazione alle competizioni elettorali, ma non di renderla obbligatoria in ogni caso, in quanto l’esigenza di una equilibrata presenza dei generi deve essere valutata alla stregua di un giudizio di ragionevolezza e di adeguatezza, derivante dal fatto che essa non può essere intesa come esigenza di presenza paritaria, ma di evitare eccessi in un senso o nell’altro.

Nel caso di specie, con riferimento allo specifico caso di presentazione di due candidati, la disposizione sopra riportata non si applica in ragione del suo evidente dato testuale, sicché non può che trovare applicazione il principio secondo cui vi è la piena liberta di designare i candidati, quando si tratti di liste nelle quali possono essere inclusi solo due candidati: essi possono essere entrambi ed indifferentemente di sesso femminile o maschile, ovvero l’uno di un genere e l’altro di genere diverso.

V.1.2.- Neppure può ritenersi che la disposizione sopra richiamata, così come interpretata dal collegio, violi i principi di cui all’art. 117 della Costituzione (il cui comma settimo stabilisce che «Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive»), oppure quelli di cui al precedente art. 51 (per il quale «Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini»).

Infatti, la locuzione «promuovono» deve essere intesa nel senso che – nel rispetto del principio di legalità - vi siano disposizioni che tendano alla rimozione degli ostacoli limitanti la parità di genere, eliminando posizioni di privilegio agli appartenenti ad uno di essi, e non nel senso che tendano alla assoluta parità di rappresentanza dei due sessi nelle liste elettorali.
Le esaminate censure devono quindi ritenersi manifestamente infondate”.

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