Walter, cugino comunista, finora non hai volato, ma volerai

4 Luglio 2015
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Andrea Pubusa

Ci sono tante buone ragioni per leggere il libro di Walter Piludu “Il cugino comunista. Viaggio al termine della vita“, Cuec, da poco in libreria. Ne indico alcune. Il libro nella prima parte, ci parla di Walter liceale e mostra quanto seria e tormentate sia stata per lui, e per molti della sua generazione (ma anche della mia), la ricerca di collocazione sul piano politico. Walter confessa le sue incertezze e le titubanze, quasi a rivelare un’indole indecisa e dubbiosa. In realtà, tutto quel meditare, quel vagare da un cenacolo di studio e discussione (casa di Chicco Mura) ad un altro (Città e Campagna di Antonello Satta ed Eliseo Spiga), quell’essere affascinato dalla lezione della propria prof. di Filosofia (Rosanna De Murtas), mantenendo la capacità di un giudizo autonomo, mostrano solo una cosa: la profonda serietà con cui allora si ricercava una collocazione politica. La consapevolezza che ad un partito di sinistra non ci si iscriveva per curiosità o per convenienza. Si trattava di una scelta di vita, di come stare al mondo,  per quale parte dell’umanità si voleva combattere. Non a caso nel libro si indica per sommi capi in quale temperie politica e morale, in quale concatenazione di avvenimenti interni e internazionali, quella riflessione si inseriva. La decisione di Walter fu alfine per l’iscrizione al PCI, e fu una scelta di vita. Fu adesione non ad una sigla o a una semplice bandiera, ma ad un insieme di valori politici e, ancor prima, etici. Walter ci svela anche la ragione profonda di quella scelta in un mondo in cui il PCI era molto contestato a livello giovanile ed esistevano, sopratutto nelle scuole e all’Università, tanti movimenti organizzati di sinistra. La sua fu una scelta insieme di cambiamento e di ordine. Non solo la lotta per abbattere il vecchio, ma anche quella per costruire un ordine nuovo. Questo suo modo di vedere fa comprendere la sua istintiva antipatia per quelle frange contestatarie, allora molto diffuse, prive di una organica visione ricostruttiva.
In questo contesto, non è senza significato un particolare: la rottura degli indugi nell’iscrizione al PCI da parte di Walter è avvenuta ad opera di Carlo Salis, un giovane comunista della sua generazione. Carlo, secondo i parametri di oggi, avrebbe potuto vedere in Walter un concorrente ed invece, secondo la visione di allora, individuava in lui un compagno di valore, che poteva, insieme agli altri, dare un contributo prezioso in quell’opera collettiva ed immane ch’era la trasformazione socialista della società o comunque il rinnovamento democratico del Paese.
La seconda ragione d’interesse del libro è costituita dalla testimoninaza sull’intensità e sulla passione con cui la militanza politica è stata vissuta. Il carattere assorbente di quell’impegno, la sua esclusività. Ad essa ogni altra cosa era subordinata. Walter per questo divenne funzionario, rivoluzionario di professione si diceva un tempo. E certo non si può non vedere in questo un grande valore, l’espressione di una passione travolgente. Personalmente, ho sempre rivendicato un modo diverso d’intendere l’impegno politico, inglobandolo anche nel successo nelle attività di lavoro e professionali, sul presupposto che l’ordine nuovo nasce se hai nei gangli della società chi, per le competenze, è capace di far funzionare la macchina, seppure in modo diverso. Ho sempre pensato, gramscianamente, che l’egemonia si conquisti anzitutto a livello culturale nella società, nella produzione, nell’amministrazione e nelle istituzioni del sapere (le cc.dd. casematte di Nino da Ales). Questo diverso approccio all’impegno politico ha generato una differente forma mentis. Più sensibili alle indicazioni d’apparato i funzionari, più liberi e aperti gli altri. Più organici al partito i primi, più chierici del dubbio, bobbianamente, e più attraversati dalle tendenze culturali, i secondi. Non nego che queste diverse inclinazioni  e collocazioni hanno creato qualche reciproca diffidenza. E tuttavia non ho mai svalutato la scelta di chi si è dedicato completamente al lavoro di partito, sacrificando - come Walter o Carlo - altre opportunità alla portata delle loro capacità e della loro intelligenza.
Infine, nel libro è di grande efficacia la descrizione della tempestosa svolta della Bolognina con la conseguente scomparsa del PCI. Fui anch’io con Walter fra gli oppositori. Non era tanto il rinnovamento che mi spaventava. Venivo dal Manifesto, un movimento di eretici, ero confluito nel PCI con Lucio Magri sull’onda del rinnovamento berlingueriano. Ritenevo da tempo il movimento comunista internazionale largamente impresentabile, privo di capacità attrattiva. Il rinnovamento radicale era necessario, condizione sine qua non per ripartire. Ciò che ci indusse all’opposizione alla svolta di Occhetto non era la paura del rinnovamento, era la convinzione che, col nome, si stesse e si volesse buttar via un patrimonio politico e morale immenso, una risorsa insostituibile in un Paese come l’Italia dove c’era stata la controriforma ma mai la riforma. E la deriva dopo la scomparsa del PCI mostra la giustezza di quella nostra intuizione. Abbiamo visto giusto, ma non siamo stati all’altezza della sfida. Ci fu in senso agli oppositori una divisione, fra chi uscì e chi rimase nel PDS. Fu il peso prevalente di Cossutta, leader dell’ala filosovietica del PCI, che m’indusse a non seguire Rifondazione comunista. E la vicenda di questo raggruppamento mi ha dato ragione. Walter invece fece il salto e, nel suo libro, indica bene le ragioni dell’insuccesso. Anche lì, il carrierismo era il dato prevalente. La gestione Bertinotti, tutta giocata sul narcisismo di questo bizzarro personaggio, di estrazione socialista, divenuto comunista da salotto e da talk show, ha fatto il resto. Al momento della formazione del PD, noi che uscimmo con Sinistra democratica trovammo Rifondazione e Pdci nelle condizioni che indussero Walter, tempo prima, a lasciare Rifondazione. E così anch’io, con percorso diverso, rimasi senza partito. Per le stesse ragioni di Walter, anche se per lui la scelta fu ben più dolorosa. Le sue dimissioni erano anche un autolicenziamento: a 42 anni Walter rimase senza partito e senza lavoro. Le sue scelte avevano implicazioni più profonde. Ed è significativo che nessuno l’abbia più chiamato al partito. L’invito ad aderire di un redivivo Carlo Salis non si è ripetuto: all’idea generosa di lottare insieme,  nel PD e nei partitini della sinistra,  si è sostituito il più feroce cannibalismo.
Tuttavia, non ho mai pensato e non penso oggi che Walter (e chi, dopo la militanza comunista, si è messo in disparte con dignità) sia uno sconfitto e non vedo in coloro che si sono compromessi col PD e con SEL dei vincitori. E’ stato sconfitto un grande movimento internazionale, quello comunista, che aveva conquistato, negli anni ‘50, metà del globo, ma sono stati ancor più sconfitti quanti hanno abbandonato le idee di eguaglianza e giustizia sociale per aderire a progetti diversi o addirittura opposti, in formazioni come il PD ormai immerse nel malaffare. Come facciano a starci, quelli che sono stati comunisti, non riesco a capire.
Caro Walter, tu non sei un perdente come scrivi nel libro nè uno sconfitto come si legge nella presentazione dell’editore. Lo dimostra la tua battaglia attuale, quella sulla fine vita, di cui parli nell’ultima parte del libro. Il tuo messaggio ha credibilità perché ne hai tu, grazie alla tua coerenza. E’ questa che ti ha consentito di rivolgerti al Papa e ai potenti della politica, senza apparire velleitario. Di essa ho già scritto più volte: è una battaglia di libertà nella linea e nello stile dei comunisti italiani, chiara nel contenuto e aperta a tutti gli uomini di buona volontà.
Il tuo, il nostro, è il volo del sarto di Ulm. Abbiamo preteso di volare, forse lo abbiamo fatto maldestramente, forse anzitempo, e siamo precipitati rovinosamente. Ma l’uomo dopo Albert Ludwig Beblinger, il sarto, alfine ha volato. Come rivoleranno i nostri  ideali di eguaglianza e di democrazia, quando con miglior perizia e consapevolezza, altri uomini e donne di buona volontà, anche grazie a te, a noi, a chi ha mantenuto oggi la schiena dritta, li rilanceranno.

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