Integrazione, questa la giusta risposta ai migranti

21 Ottobre 2015
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Giulio Lobina

Si chiama integrazione. Quel processo purtroppo “non” naturale che dovrebbe nascere e crescere dopo l’accoglienza si chiama integrazione. La settimana scorsa ne abbiamo parlato a Malta, ad una conferenza in cui ha partecipato anche il Presidente della Repubblica Maltese, una donna che ha parlato bene dei migranti, della loro importanza come risorsa e non certo come peso. Eppure il Governo Maltese è solito “deviare i barconi” verso l’Italia.
Senza integrazione, senza un progetto di inserimento sociale del migrante nel mondo del lavoro non c’è futuro. I Comuni si dissanguano sotto il peso dell’assistenzialismo fine a se stesso. E troppo spesso dimenticano persino di controllare quanti televisori al plasma, smartphone d’ultima generazione o bmw hanno sotto casa i furbetti che si presentano negli uffici del Servizio Sociale perchè non riescono a pagare la bolletta.
E dire che oggi, grazie anche al “baratto amministrativo” entrato in vigore ufficialmente in quest’ultimo anno, si potrebbe fare qualcosa di più anche per “i nostri”.
Certo è che in un mondo dove la Meloni e Salvini appaiono come i salvatori della Patria (?) sparando a zero contro i migranti, dove Grillo è schizofrenico nel suo blog sull’argomento e dove “la sinistra” (non si capisce più neppure se esista una sinistra) non combatte più le guerre dei poveri ma segue a ruota il pensiero renziano…i migranti trovano poco spazio.
Nelle menti e nei cuori.
Vivono però nella pancia degli italiani. Vivono nelle bufale su internet che li vedono “mangiatori di cani” o “stupratori seriali”. I migranti che bloccano una strada sedendosi per terra, in quella forma più sana di protesta non violenta, diventano sabotatori di chissà quale ordine sociale corrotto e concusso da mafiosi ed evasione fiscale. Ci si scaglia contro la loro speranza e la loro ricerca d’un mondo migliore.
Una Europa che esiste per noi, ma non per loro. Una Europa che per loro ha ancora il nome degli Stati che vogliono raggiungere, dove magari ci sono già i parenti, dove i parenti hanno trovato lavoro. E quegli Stati non si chiamano Sardegna, nè si chiamano Italia.
C’è una confusione totale tra chi migra per lavoro e chi per la guerra. Tra chi necessita di un permesso di soggiorno per studio o lavoro e chi invece lotta per ottenere uno status. Qualcosa di più. I famosi “richiedenti asilo” che se non ottengono lo status di rifugiato almeno vorrebbero ottenere la protezione sussidiaria o il permesso di soggiorno per fini umanitari. E per loro il passaggio obbligato è davanti ai banchi del tribunale tutelare, con pochi giudici, pochi interpreti, troppi rinvii d’udienze e avvocati d’ufficio che sbagliano per giunta le difese perchè non conoscono gli Stati di provenienza dei migranti e la loro storia.
E’ un campo confuso. E si lavora a compartimenti stagni, altrimenti uno si perde. E le istituzioni che ne fanno parte sono tante. Dalla Questura ai Tribunali, i Comuni e le ASL, Associazioni e Cooperative. C’è il denaro dell’Europa di mezzo e perfino le mafie.
Ma sa cosa manca? Le idee per l’integrazione. Manca un progetto politico di integrazione. A volte non serve (vedi i filippini che hanno trovato nel fare i governanti una ragione di vita qui, o le badanti ucraine sfruttate 24 ore su 24 per prendersi cura dei nostri anziani…e ancor prima d’entrare in Europa, le infermiere rumene, o i medici siriani) perchè i gruppi organizzati si muovono laddove il mondo del lavoro lascia lacune che gli italiani non occupano.
Ma “i neri” sono altro. Gli africani fanno paura. Siamo ancora all’uomo nero o agli zingari che rubano i bambini. Xenofobi e razzisti tanto basta dal dire: “Io non sono razzista, ma…”.
E’ quel “Ma” che chiude i nostri occhi e le nostre menti davanti ad un fenomeno che non è certo più una emergenza ma è quotidianità.
Non siamo in grado di “integrare”. Non abbiamo una politica del lavoro intelligente. Abbiamo ancora troppi “anziani” occupati che bramano d’andare in pensione ma non possono…e troppi giovani disoccupati che bramano un lavoro ma non lo trovano.
E non c’è differenza tra gli anziani, i giovani e i migranti. E’ la dignità che cerchiamo tutti quanti. Una dignità che trova il suo fondamento nel lavoro. In un articolo della Costituzione così chiaro, primo articolo, che c’è solo da vergognarsi per il fatto che questa politica ignorante che non solo non conosce più la Costituzione, ma dimentica che questa anticipa persino la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino.
Abbiamo dimenticato tutto quanto. E la paura è che la Destra, in questa situazione così confusa, con i Salvini e con la Meloni, trovi strada facile per fare man bassa di voti. Una destra che si erge a nazionalista…e non conosce neppure l’Italiano.
Abbiam fatto l’Europa? Quando facciamo l’Italia?

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