Mauro Mura, perché quell’ultima firma?

7 Gennaio 2016
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Andrea Pubusa

Ho sempre avuto grande stima personale e professionale di Mauro Mura. Anzitutto perché appartiene a quella generazione di magistrati che ha messo al centro della propria attività la Costituzione. Voi direte: ma non è così per tutti? No, amici miei, prima non era così. Molti dei magistrati delle generazioni precedenti, spesso formatisi all’Università nel ventennio nero, consideravano la Carta come un insieme di proclami politici, privi di carettere precettivo e dunque non applicabili nelle aule di giustizia. I Mura, i Porcella, i Pisotti, e tanti altri con loro, hanno fatto entrare la Costituzione nelle aule di giustizia e dalla porta principale! Finalmente aria nuova in quelle aule ancora polverose di scorie fasciste.
Detto questo, e non per ragioni di circostanza, devo dire che non ho capito l’ultimo atto del Procuratore capo, prima di lasciare il suo alto incarico per raggiunti limiti d’età. Leggo su L’Unione che Mauro Mura ha revocato al sostituto procuratore Giangiacomo Pilia la delega a indagare sul caso dell’Ente lirico di Cagliari. La revoca riguarda l’inchiesta-bis sulla stessa vicenda, quella che vede indagato Zedda per un’altra ipotesi di abuso d’ufficio connessa a una serie di comportamenti che il sindaco avrebbe messo in atto per ritardare il nuovo insediamento dell’ex sovrintendente Mauro Meli. Nomina decisa dopo l’annullamento da parte del Tar di quella di Marcella Crivellenti. Da quanto si è appreso dalla stampa locale, il procuratore capo di Cagliari imputa al suo sostituto di non aver svolto – nonostante gliene fosse stata fatta richiesta scritta – una serie di approfondimenti sul contenuto di una memoria presentata dall’ex componente del consiglio d’amministrazione dell’ente Lirico (ed ex magistrato) Mario Marchetti. Questi (che è stato a sua volta querelato dall’ex soprintendente Meli per diffamazione) contestava l’impostazione dell’inchiesta-bis, escludeva che a Zedda potessero essere attribuiti altri comportamenti tali da configurare l’abuso d’ufficio e, soprattutto, puntava il dito sulle gestioni del Lirico precedenti alla nomina di Marcella Crivellenti. Gestioni alle quali, a suo giudizio, andavano intestati i “buchi milionari” nel bilancio. Come si legge su L’Unione, Marchetti aveva parlato di tutto questo, intervenendo come teste a difesa di Massimo Zedda lo scorso 16 dicembre in udienza. In quella sede, lamentava d’essere oggetto di indagini illegittime da parte del PM Pilia e traeva addirittura le conclusioni, assolvendo Zedda perché “si ha abuso d’ufficio – aveva ricordato – quando un pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, produce, nell’esercizio delle sue funzioni, un danno o un vantaggio patrimoniale. Ciò di cui non se ne vede traccia in questo processo”.
Ora, la decisione di Mauro Mura s’inserisce in questo contesto e, al di là delle intenzioni, viene percepita come una manifestazione di consonanza a futura memoria con la prospettazione di Marchetti e di delegittimazione su tutta la linea della impostazione accusatoria del P.M. Pilia. E si badi la presa di posizione di Marchetti solo apparentemente riguarda le vicende successive alla nomina della Crivellenti, ossia l’inchiesta-bis. Infatti, Marchetti, quando ha  stigmatizzato le gestioni del Lirico precedenti alla nomina di Marcella Crivellenti e ha detto che ad esse vanno imputati i “buchi milionari” nel bilancio, è, abilmente, entrato con decisione nel processo in corso a carico di Zedda,  non nell’inchiesta bis. Ed ha svolto una requisitoria in favore del Sindaco, la cui linea, in questo del tutto simile a quella di Soru nel caso Saatchi, non è tanto volta a negare la violazione delle norme di procedura, acclarate in una severa sentenza, ormai passata in giudicato, del Tar Sardegna, di annullamento della nomina della Crivellenti, quanto ad affermare che la violazione di norme era finalizzata al bene pubblico, ossia a sanare i buchi di bilancio del Teatro lirico. E così i conti tornano: non esisterebbe l’abuso d’ufficio - come ha concluso il teste Marchetti, sentendosi forse ancora PM - perché di danno patrimoniale “non se ne vede traccia in questo processo“. Anzi, Zedda ha violato le norme di procedura nel superiore interesse pubblico a sanare i buchi di bilancio!
Certo, questa impostazione dimentica che è danno anche quello che ha impedito la nomina alla sovrintendenza di uno dei quaranta aspiranti che aveva fatto regolare manifestazione d’interesse e che è vantaggio anche quello in favore della persona nominata illegittimamente. Ma, lasciando ai giudici l’ardua sentenza, non c’è dubbio che l’ultimo atto del Procuratore Capo, al di là degli aspetti particolari a noi sconosciuti, viene letto dalla gente comune come condivisione della prospettazione di Marchetti in contrasto con l’impostazione del PM Pilia. Questo è il messaggio che coglie la pubblica opinione. E allora vien da chiedersi: meritava una vicenda, al di là degli aspetti penali, certamente di malamministrazione (parola del Tar!) l’ultima firma di un magistrato stimato? Non si rafforza così la sensazione, ahinoi! assai diffusa, di una magistratura dilaniata e mossa più dai contrasti interni che dal rigoroso riferimento ai fatti? Certo, i fatti sono sempre suscettibili di diversa valutazione, ma, comunque la si voglia girare, questo intervento prima di lasciare l’ufficio, poco importa se a torto o a ragione, dalla gente viene letto come un assist in favore Zedda in un momento delicato della vicenda politica cittadina. Non era meglio agire con minor clamore?  

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