Riflessioni sulla campagna elettorale

4 Maggio 2008
1 Commento


Andrea Pubusa

Qual è stato il livello della campagna elettorale appena conclusa? Negli Stati Uniti negli anni scorsi  una nota rivista ha analizzato i dibattiti tra i candidati presidenziali in diversi momenti storici in base ad uno Standard Vocabulary Test, che indica il livello di istruzione minimo necessario per comprenderne il testo. I discorsi di Bush padre e figlio sono stati valutati di sesto livello, quelli di Gore e Clinton di settimo. Molto meno del confronto fra Kennedy e Nixon nel 1960 entrambi al decimo livello. Poca cosa anche questa rispetto ai discorsi di Abraham Lincoln e Stephen Douglas del 1858, valutati rispettivamente all’undicesimo e dodicesimo livello. Certo si può in positivo sostenere che il linguaggio attuale dei politici è più comprensibile dalla massa degli elettori e, dunque, più inclusivo. Ma mantiene lo spessore necessario ad analizzare i problemi e a delinearne le soluzioni? Da questo punto di vista si deve prendere atto sconsolatamente che le argomentazioni dei politici dei giorni nostri sono tarate sulle capacità mentali di un ragazzino sveglio di dieci anni o poco più. Nell’ultima campagna elettorale inglese del 2003 il leader del partito conservatore Iain Duncan Smith ha incentrato tutto il suo discorso nel chiamare insistentemente Blair “bugiardo”; forse era vero, ma Smith, più che un aspirante alla guida del governo della Corona, è apparso come un bimbo risentito che litiga con gli amici nel cortile di scuola. Per tutta risposta Blair fu così vacuo che nessuno ricorda più cos’ha detto.
 E se analizzassimo con lo stesso metodo i discorsi dei nostri leaders nella campagna elettorale scorsa? Il risultato sarebbe sconfortante. Berlusconi l’ha menata tacciando Walter di “bugiardo”, gli ha affibiato la orami risibile accusa di “comunista” camuffato e poi non ha saputo far di meglio che accusarlo d’essere pensionato, per mostrarne una vecchiezza nell’animo se non nel corpo, a differenza di lui, il cavaliere, che benché più attempato è sempre un imprenditore di successo. Il botto finale per carpire il voto agli elettori di ogni età, l’eliminazione del bollo da auto, moto e motorini! Veltroni ha invece fatto professione di buonismo, trattando con condiscendenza tutti: gli imprenditori, i lavoratori, i precari, i giovani, i vecchi, le casalinghe, i padroncini razzisti del Nord-Est, gli immigrati e così via. A tutti una promessa di denari, di stabilità e di felicità. Insomma, il veltronismo come una cuccagna! La Lega padana e quella siciliana invece hanno trovato un saldo punto d’incontro programmatico nel minacciare l’uso dei fucili. La Santanché ha confessato che il Cavaliere ha un ossessione per lei, ma che lei non gliela dà. Poi ha intrecciato una fine discussione filosofica con la Mussolini su come il cavaliere vede le donne: soltanto orizzontali secondo la Santanché, anche verticali per la Mussolini. In mezzo a tutto questa povertà con punte di miseria, bisogna ammettere che le tre forze intermedie Sinistra Arcobaleno, SDI e UDC hanno fatto meglio. Bertinotti, Boselli e Casini, ognuno dal proprio punto di vista, hanno sviluppato in modo serio alcuni temi importanti: l’eguaglianza, il lavoro, la pace il primo, la laicità e i diritti il secondo, i temi della famiglia e dello sviluppo, secondo una sperimentata tradizione moderata non forcaiola, Casini. Insomma, i leader dei due partiti maggiori, dovendo far gli “acchiappatutto”, hanno sviluppato dei discorsi infantili, poco credibili e privi di un idea forza. Gli altri, puntando più a voti motivati su un’identità ideale o di interessi, sono stati meno condiscendenti verso la generalità degli elettori puntando di più a conquistare ed intercettare settori consapevoli dell’elettorato.
Si può trarre qualche conclusione? Proviamo. Il linguaggio dei leaders dei maggiori partiti riflette un evidente cinismo nei confronti della grandi cause e una mancanza d’interesse o addirittura un’ostilità verso le visioni forti di qualunque natura esse siano. Questa banalizzazione della politica a suon di luoghi comuni, frasi ad effetto o contumelie ha funzionato; l’esito elettorale mostra che sul contenuto prevale l’idea del voto utile o vincente. Tuttavia, questo messaggio estrania lentamente, ma inesorabilmente i cittadini dal dibattito pubblico, fa regredire gli stimoli a diventare attori nella polis. Più che l’homo civicus punta a formare il rincoglionito da televisione. Favorisce il disimpegno. Tutto questo è visibile e chiaro. Più difficile è, invece, individuare le vie per riaccendere le passioni o offrire spazi per la partecipazione, anche perché i messaggi forti (v. Sinistra Arcobaleno o la Destra di Storace) non hanno funzionato.

1 commento

  • 1 Nicola
    11 Maggio 2008 - 20:36

    Quali prospettive si delineano, quindi, anche ipoteticamente? Quali vie così difficili da individuare sarebbe necessario “de-occultare”? Probabilmente (anzi sicuramente) la libertà di informazione, primariamente quella di essere informati e di potersi quindi informare in maniera oggettiva e cristallina, è stata soverchiata da una sorta di indefinibile nube tossica che attualmente appare improbabile delimitare, arginare e dissolvere; ed è forse questo un punto di inizio, paradossalmente per ciò che ha rappresentato anni fa il concetto stesso di libertà.

    Uno studente.

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