Comitati per il NO: verso un coordinamento regionale

8 Febbraio 2017
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Marco Ligas

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Riportiamo la sintesi della discussione tra i rappresentanti dei Comitati del NO di Cagliari, Nuoro e Sassari

 

Il 2 febbraio c’è stato un primo incontro, dopo il referendum del 4 dicembre, tra alcuni compagni e sostenitori dei Comitati del NO, in rappresentanza dei territori di Cagliari, Nuoro e Sassari.

Nel corso della riunione è stata ribadita preliminarmente la necessità di non fermarsi e di continuare il lavoro che ci ha consentito di sconfiggere il progetto autoritario di Renzi.

È stata poi sottolineata l’opportunità di dar vita nell’isola ad un coordinamento regionale tra i vari Comitati: questo obiettivo – è stato detto - è suggerito non solo dal risultato che si è avuto in Sardegna (dove il NO ha ottenuto il 72% dei voti), ma soprattutto dall’opportunità di condurre un lavoro politico che sia il più possibile unitario, pur nelle sue articolazioni.

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Per queste ragioni si è ritenuto opportuno proporre subito una prima iniziativa sulle questioni istituzionali. La decisione della Corte Costituzionale sull’Italicum la sollecita e la impone. L’unico dato positivo della scelta della Corte riguarda infatti l’abolizione del ballottaggio. Rimangono però, nella decisione sull’Italicum, due aspetti che i rappresentanti dei Comitati sardi non condividono: il premio di maggioranza smisurato attribuito alla lista che raggiunge il 40% dei voti e la nomina a deputati dei vari capilista scelti dai capipartito.

La Sardegna paga ancora oggi le conseguenze nefaste di leggi elettorali di questa natura. Attualmente nell’isola si vota con una legge approvata nel 2013 (la Statutaria) che rappresenta un oltraggio ai principi della Costituzione e ai diritti di libertà e di partecipazione dei cittadini alla vita democratica.

Nasce da queste considerazioni la nostra proposta di abolizione della legge statutaria.

1) In primo luogo perché esclude dall’attribuzione dei seggi sia i gruppi di liste che fanno parte di una coalizione che ottiene meno del 10% del totale dei voti validi, sia quei gruppi non coalizzati che ottengono meno del 5% del totale dei voti.

2) Come se ciò non bastasse, viene persino attribuito il 60% dei seggi del Consiglio regionale se il presidente proclamato eletto ha ottenuto una percentuale di voti superiore al 40%, oppure il 55% dei seggi se il presidente ha ottenuto una percentuale di voti compresa tra il 25 ed il 40%!

Si tratta di norme scandalose che impongono il ritorno al sistema proporzionale e la definitiva messa in mora del conflitto di interessi.

L’esperienza di questi anni ci dice che la proclamata bontà del binomio Sistema maggioritario/Governabilità è un inganno, funzionale soltanto alla formazione e al consolidamento di gruppi di potere che non tutelano alcun diritto dei sardi. Al contrario, in situazioni come queste prevale soltanto il trasformismo e il continuo passaggio dei consiglieri regionali eletti da una lista ad un’altra.

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L’aspetto istituzionale, certamente importante, non può essere però isolato da altre questioni anch’esse estremamente rilevanti e meritevoli della massima attenzione. I nuovi Comitati di iniziativa costituzionale non potranno certo sottovalutare (come suggerisce lo stesso Paolo Maddalena) gli effetti del sistema finanziario che condiziona non solo la politica ma anche l’economia. Le protezioni sociali sono ormai in fase di demolizione. Uno (fra i tanti) degli obiettivi da praticare, coerentemente all’ispirazione che ha caratterizzato il lavoro dei comitati per il NO, riguarda la lotta al “pareggio di bilancio” il quale contrasta con i principi fondamentali della Costituzione tesi “alla tutela della persona umana e al progresso materiale e spirituale della società”.

Partendo da questa considerazione sarà certamente opportuno che in Sardegna (ecco un esempio da non sottovalutare) si dia importanza al come viene preparato, e con quali priorità, il bilancio della Regione e soprattutto come viene realizzato.

Su questo tema i compagni di Sassari hanno mostrato la massima attenzione dichiarandosi disponibili a seguirlo con la necessaria diligenza.

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Le stesse questioni relative al lavoro non potranno restare ai margini delle attività dei Comitati di iniziativa costituzionale. È vero che il parere della Corte relativo al referendum sul jobs act non è stato positivo (forse aver valutato il quesito referendario propositivo anziché abrogativo è stata una forzatura), restano comunque attuali sia quello sui voucher e l’altro sulla clausola di responsabilità negli appalti.

Sono anch’essi decisivi al fine del cambiamento dell’organizzazione del lavoro nel nostro paese. Vincere questi referendum può favorire l’avvio di un nuovo orientamento dove il diritto al lavoro acquisti finalmente i connotati previsti nella nostra Costituzione, sconfiggendo una volta per tutte la precarietà e l’arroganza del nuovo liberismo.

Per queste ragioni sarà opportuno che i nostri Comitati si impegnino insieme alle organizzazioni sindacali per far si che questi obiettivi si realizzino.

Non dobbiamo sottovalutare che la disoccupazione giovanile e la precarietà del lavoro sono diventati fenomeni endemici delle nostre società. Contrastarli è indispensabile anche perché l’obiettivo di un lavoro rispettoso dei diritti passa necessariamente attraverso la difesa dell’ambiente, del territorio e della salute dei cittadini.

 

P.s. Naturalmente i temi che presentiamo in modo così sintetico hanno bisogno sia di ulteriori approfondimenti sia di un coinvolgimento più ampio dei Comitati che nel corso del 2016 si sono impegnati per la vittoria del NO.

 

 

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