Regolamento di Dublino, va bene o male?

5 Giugno 2018
1 Commento


Andrea Pubusa 

Risultati immagini per trattato di dublino foto
Qual’è, in estrema sintesi, il nucleo centrale del regolamento di Dublino sui miganti? Quello che alcuni Stati, come l’Italia, vogliono riformare? La parte controversa della disciplina è quella che impone di inoltrare la richiesta di asilo nel paese di prima accoglienza: un principio che scarica il peso dei flussi sulle spalle dei paesi esposti alle rotte del Mediterraneo, come l’Italia e la Grecia. Il che crea anche un pericolo sul piano politico, determinando l’espansione maggiore di forze della destra populista e di un pesante clima di xenofobia, benché si registri un calo degli sbarchi. E’ chiaro il difetto di origine di questo regolamento. Addossa allo Stato di prima accoglienza tutti gli oneri che riguardano i migranti. Cosa che va a svantaggio di paesi come Grecia e Italia. Di qui la richiesta di riforma.
 A marzo la Bulgaria, presidente di turno del consiglio Ue, ha tentato di accelerare l’adozione del regolamento proponendo un testo di compromesso che, guarda caso, rinforza la responsabilità dei paesi di prima accoglienza e riduce la solidarietà degli altri. Per l’Italia significa garantire più servizi e ottenere, nel frattempo, meno sostegno dal resto del Vecchio Continente. E il meccanismo di ridistribuzione? Scatterebbe su base volontaria solo quando un certo paese si “sovraccarica” del 160% rispetto all’anno precedente, diventando obbligatorio solo quando si arriva al 180%.
Di più e peggio,  la proposta bulgara diminuisce la penale per il rifiuto di un richiedente da 250mila a 30mila euro. E poi la beffa. Viene introdotto il principio di «responsabilità stabile»: quando un migrante entra in un certo paese, lo Stato in questione deve garantirne la presa a carica per 10 anni. I cinque paesi che si ritengono più penalizzati (Cipro, Grecia, Italia, Malta, Spagna) hanno pubblicato a fine aprile 13 proposte per riequilibrare la proposta bulgara, chiedendo di accorciare il periodo di responsabilità da 10 a due anni ed evidenziando le vulnerabilità di un procedimento rigido in tempi di picchi migratori
Si capisce l’urgenza di una riforma per far sì che la gestione dei richiedenti asilo avvenga su scala europea. Come pure si era stabilito nel 2016, occorrerebbe fissare un meccanismo automatico di ripartizione a favore dei paesi più esposti, secondo i principi della «condivisione equa» di responsabilità (quanti richiedenti asilo vanno accolti, paese per paese) e solidarietà (l’aiuto da fornire ai paesi più esposti e le sanzioni da infliggere a chi si defila).
Ora non si capisce ancora cosa Salvini voglia fare. Se strillasse meno e spiegasse di più, potrebbe fare più bella figura. Certo è che una ridiscussione pare ragionevole. Sembra che questo fosse il proposito anche di Minniti. Vedremo come andrà. Per ora, si registrano segnali di calo dei flussi. I migranti sbarcati in Italia nei primi sei mesi del 2018 , secondo dati del ministero dell’Interno, sono 13.430: -77,2% rispetto al 2017.

1 commento

Lascia un commento