Reati ministeriali, ministri e bilanciamento dei poteri

1 Febbraio 2019
3 Commenti


Andrea Pubusa

Risultati immagini per Diciotti nave foto

Al post sui reati ministeriali e la questione della concessione o meno dell’autorizzazione a procedere contro il Ministro degli Interni sono pervenute alcune obiezioni nei commenti, riconducibili, in fondo, alla disumanità dell’aver mantenuto in mare sulla nave Diciotti molti migramti per più giorni. Ora, se c’è un elemento che deve omettersi in questi casi è personalizzare. E se invece il Ministro avesse violato la legge per portare in Italia dei migranti cosa avremmo sostenuto? La negazione dell’autorizzazione?
In realtà, nelle questioni di rilievo costituzionale le persone non contano e vanno lasciate da parte. Contano i principi e le regole, sapendo che esse si applicano in ogni caso e a tutti i protagonisti. I precedenti nella materia costituzionale hanno grande rilevanza e, se reiterati, si trasformano in consuetudine, ossia in norma giuridica. Come ben sanno tutti coloro che hanno studiato diritto costituzionale, un istituto centrale, la fiducia delle Camere al Governo, sotto lo Statuto albertino fu introdotta per via consuetudinaria, trasformando così la forma di governo da costituzionale pura in parlamentare. Ora che l’indirizzo politico di maggioranza, di cui sono titolari il Corpo elettorale, il Parlamento e il Governo, venga sindacato da un tribunale ordinario mi sembra, sul piano costituzionale, un’aberrazione, che stravolge il principio del bilanciamento dei poteri. Se si pensa che i liberali del nostro Risorgimento hanno precluso ai Tribunali ordinari di annullare atti amministrativi in ossequio alla divisione dei ruoli tra potere giudiziario e potere amministrativo, mi preoccupo nel vedere che, per contrastare l’azione di un ministro nell’applicazione di un indirizzo politico della maggioranza, si chiami in soccorso il tribunale. Da questo punto di vista, si può apprezzare il danno che la revisione costituzionale della disciplina originaria sui reati ministeriali ha determinato, al pari delle deleterie conseguenze della revisione del titolo V nel 2001, da cui nasce la pretesa attuale di autogoverno-antisolidale del Lombardoveneto. Nella Costituzione del 1948 a giudicare i ministri per reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni era la Corte costituzionale integrata, ossia un organo costituzionale, non il giudice ordinario. Si poteva forse snellire l’organo giudicante, eliminando l’integrazione della Corte Costituzionale, o addirittura prevedendo una composizione minor per i ministri, ma non demandare la materia ai tribunali ordinari. Lo dico, avendo sulle spalle quasi mezzo secolo di professione forense, da cui traggo contrastanti giudizi sui giudici, che - come in tutti i campi - spaziano dall’eccellenza alla mediocrità, dall’etica ineguagliabile alla disinvoltura. Si dirà che questo vale anche per i giudici costituzionali. Ed è vero. Ma gli inquilini della Consulta sono passati attraverso un vaglio preventivo che offre maggiori garanzie. La Corte costituzionale poi - non lo si dimentichi - è un organo costituzionale, garante della Carta, con tutto ciò che a tale qualificazione consegue, non una componente della magistratura.
Tornando al caso Diciotti, a me pare che l’elemento prevalente e assorbente nelle decisioni di Salvini sia l’applicazione di un indirizzo politico, il cui sindacato spetta agli organi politici e non ai tribunali. La sede è il Parlamento non il Palazzo di Giustizia. Questo credo sia il metro di valutazione nel decidere se autorizzare o non. Nel caso Lockheed il ministro Tanassi fu sottoposto al giudizio della Corte costituzionale per una maxitangente legata alla sua funzione, che non poteva dirsi intascata in applicazione dell’indirizzo politico di maggioranza!
Non mi addentro oltre nella vicenda. Richiamo tuttavia quanto ha sottolineato l’ex procuratore capo di Firenze Nannuci, aderente a Magistratura democratica, e cioè il sopralluogo a bordo della Diciotti del Procuratore della Repubblica senza rilievi. Avrebbe tenuto un’analoga condotta il suo omologo di Nuoro, se, ai tempi, avesse fatto irruzione nel luogo di detenzione di Fabrizio De André in Supramonte? Abbandonando il rigore dei principi per fare di questa materia strumento di contingente lotta politica, si finisce per dare dare un colpo a principi costituzionali da salvaguardare, e per offrire a Salvini una esposizione mediatica e l’aureola del martire, che proprio non merita. Ripeto Salvini va battuto politicamente.

3 commenti

  • 1 T. D.
    1 Febbraio 2019 - 14:43

    Come scrivi tu, la valutazione si fa sempre caso per caso. Potremmo sostenere con ragionevolezza che nell’ipotesi di richiesta di autorizzazione per aver favorito l’ingresso di stranieri andrebbero scrutinate le esimenti penali ordinarie: per esempio l’aver agito per salvare vite umane in pericolo grave e imminente o altre consimili.
    Questo lo dico appunto per evitare nell’un caso di personalizzare la questione nel caso opposto di sostenere che l’ordinamento ammetta in qualche modo la legittimità del “delitto di Stato”, cosa che credo pacificamente possiamo escludere.

  • 2 aldo lobina
    1 Febbraio 2019 - 21:30

    E’ molto difficile per me addentrarmi in questioni di indole Costituzionale. Non ho studiato Leggi . Per questo il mio ragionamento vorrei fosse interpretato come di senso comune, diverso cioè da quello sottile del giurista. Il nostro ordinamento stabilisce che si pronuncia in determinate situazioni un Tribunale cosiddetto dei Ministri, come quello che ha mandato avanti la questione sul caso Diciotti. E così è successo con la richiesta di poter processare Salvini. Posso anche concordare sul fatto che un ministro nell’esercizio delle sue funzioni debba rispondere davanti ad altri tribunali, di maggiore competenza, dopo ché un Tribunale si sia pronunciato per un luogo a procedere. Ma questo non cambia la sostanza. Non condivido invece la considerazione che in questioni di rilievo costituzionale “le persone non contano e vanno lasciate da parte”. Le Costituzioni sono fatte per l’Uomo. Salvini e i suoi sodali giustificano le decisioni sul caso in questione come allineate all’indirizzo politico di maggioranza. Può darsi, ma è una giustificazione postuma, che non trova riscontro in nessuna delibera di Governo, a meno che non saltino fuori verbali di sedute del governo che mi smentiscano. Ora il problema riguarda Salvini e il comportamento tenuto dal Ministro.
    Il fatto che esista accanto alla giustizia ordinaria una giustizia amministrativa va letto come una articolazione specialistica dello stesso potere giudiziario, così come esiste il procedimento penale e quello civile. Il potere giudiziario è uno solo, articolato differentemente per motivi anche pratici di competenze. Il problema che il Parlamento deve dirimere è se il Ministro abbia agito o no nell’interesse generale dello Stato. Se abbia violato la stessa Costituzione che difende come tutte le Carte dei Paesi civili i diritti fondamentali della persona umana, a prescindere dalla nazionalità e non in astratto. Nessun indirizzo politico di maggioranza, a mio avviso, può essere in contrasto con le situazioni difficili a cui erano costretti i passeggeri di quella nave. La buona coscienza, come la buona politica viene prima della difesa dei confini italiani a danno di persone deboli.

  • 3 Rino Schettini
    21 Febbraio 2019 - 11:38

    Me l’esimente di aver agito per la “tutela di un interesse dello Stato o per il perseguimento di un interesse pubblico” vale sempre, anche quando il reato eventualmente connesso lede diritti fondamentali delle persone (es. la vita od anche, come nel caso Diciotti, la libertà)?

    Risposta

    Ho detto e confermo che le questioni vanno esaminate caso per caso. In linea di principio si può soltanto distinguere tra questioni di natura politica e questioni relative a interessi privati o di gruppo. In questo secondo caso si può anche in linea generale propendere per l’autorizzazione. Negli altri casi occorre un esame caso per caso. Per il resto penso che chi ritiene che nel caso Diciotti occorra una sanzione debba cercarla nella battaglia politica e istituzionale. Il Tribunale di Catania non mi pare la sede adatta a sindacare l’indirzzo politico deciso dal governo, per quanto non condivisibile. C’è una questione di bilanciamento dei poteri che mi sembra preminente rispetto alla contingente battaglia politica. Salvini va battuto sul piano politico, cercare supplenze nelle aule di giustizia è segno di debolezza.

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