Il referendum nella “Repubblica delle banane”

21 Aprile 2009
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Andrea Pubusa

Volete una prova del veloce scivolamento dell’Italia verso la repubblica delle banane? Prendete la discussione sulla data del referendum Segni-Guzzetta. Tra qualche ora il governo deciderà sul che fare. A tal fine il Ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ha “sentito tutti i membri responsabili di partiti dell’opposizione” e si dice “pronto a fare la proposta in consiglio dei ministri sulla data in cui svolgere il referendum”. Nient’altro. Si registrano, però, alcune aperture all’ipotesi dello slittamento al 2010. Quella del Pd, ad esempio, ancorché vincolata all’adesione da parte dei promotori del referendum.
Insomma, si ritiene che la fissazione della data di una consultazione diretta del corpo elettorale, volta a sanzionare con l’abrogazione un atto del Parlamento, sia rimessa alle forze politiche. Un precedente che, una volta radicato, mette uno dei pochi istituti di democrazia diretta previsti nel nostro ordinamento nientemeno che in balia dell’esecutivo!
Un po’ contraddittorio e pericoloso, non vi pare?
Altra questione, la spesa. Si è fatto un gran parlare sullo spreco di risorse pubbliche, sopratutto ora che c’è l’emergenza Abruzzo. Bene. E’ un argomento qualunquista e bisogna dirlo con forza. La democrazia costa (in effetti le dittature, come la storia dimostra, alla fine costano molto di più). Ed allora bisogna sostenere i costi per mantenere le nostre libertà. Se no, perché tenere in piedi i parlamenti? Perché pagare i giudici e i loro ausiliari? Perché consentire ai cittadini di riunirsi e manifestare? Che spreco e che spesa impropria pagare Santoro perché in TV controlli con la critica il governo?
Certo, occorre fare in modo che la democrazia si dispieghi pienamente con i giusti costi. Dunque, i costi della democrazia non devono diventare la giustificazione di intollerabili privilegi, che alla democrazia non sono necessari ed anzi ne sono la negazione. Ma questo è un altro discorso. L’incostituzionalità dell’abbinamento del referendum abrogativo ad altre competizione nasce dall’esistenza del quorum di validità. Se non votano il 50% + uno degli aventi diritto la consultazione è invalida e priva di effetti. La legge sottoposta al giudizio degli elettori rimane in vigore. Ed allora qualunque abbinamento in certo senso inquina l’esito del referendum poiché può indurre al voto elettori altrimenti propensi all’astensione. Sembreranno questioni di lana caprina, ma la democrazia è una cosa seria e le sue forme (che sono sostanza) vanno rispettate col massimo rigore.
Ha ragione, dunque, Emma Bonino che così a Radio radicale commenta la vicenda: “Vincoli, leggi e scadenze sono degli optional per cui quando all’establishment non vanno bene si fa un decreto che rinvia e tanti saluti. È eccessivo chiamarlo un golpe? Se qualcuno tra qualche anno dicesse rinviamo le elezioni politiche perché in quel dato momento non sono opportune quale parola dovremmo usare? E con quale credibilità ci si opporrebbe, chiedo a D’Alema e a Ferrero ed altri visto che sono stati i primi a dire tanto vale che rinviamo il referendum di un anno?“. Perfino Violante stavolta c’azzecca. L’ex presidente della Camera ed esponente Pd, in una lettera ad Europa spiega il suo “no al referendum elettorale ed all’ipotesi di rinvio al 2010 della consultazione. Per Violante “il referendum non è contro la legge Calderoli, ma la rafforza: la vittoria del sì, infatti, ne confermerebbe i tre caratteri principali: la sottrazione ai cittadini del potere di scegliere i parlamentari; il sistema proporzionale, il premio di maggioranza“.
Nel merito finalmente una buona idea anche da Rutelli, che giustamente annette alla vittoria del sì al referendum Segni-Guzzetta un peggioramento del Porcellum: “La mia posizione sul referendum è in minoranza oggi nel Pd. Io credo che il bipartitismo consegnerebbe l’Italia al populismo della destra e quello che uscirebbe dal referendum sarebbe peggio di quello che abbiamo oggi”. Lo ha detto Francesco Rutelli a Red Tv, intervistato da Antonio Polito. Per avvalorare la propria contrarietà al referendum, Rutelli sottolinea anche un altro fatto: “Pare che Berlusconi si stia predisponendo per il sì, questo è indicativo e servirà ad aprire gli occhi a qualcuno“.
Queste sono però obiezioni di merito. Benché condivisibilissime,

 nulla tolgono al fatto che il referendum debba svolgersi in tempi fisiologici, senza un’eccessiva discrezionalità del governo, che si trasformerebbe in arbitrio o come dice la vicepresidente del Senato, Emma Bonino, in “golpe”.  Ed allora che fare? Fissare lo svolgimento del referendum in un giorno apposito senza rinvii e  senza mix con altre consultazioni e definire una linea di condotta per fare in modo che i sì non infliggano un altro vulnus al nostro sistema democratico.

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