Scuola: vita da precari vita da cani

18 Settembre 2009
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Gianna Lai

I precari sardi hanno trascorso il primo giorno di scuola… fuori dalla scuola, sotto il palazzo della Regione, per opporsi ai licenziamenti di massa e all’attacco governativo contro l’istruzione pubblica. Raccogliamo fra loro brevi testimonianze, che pubblicheremo a partire da oggi con Maristella

Maristella. Mi sono laureata nel 1991 in Lingue, e abilitata solo nel 1999, poichè l’ultimo Concorso utile è stato quello del ‘90. Insegno da 18 anni nella scuola, con nomina del preside o del provveditore, venendo regolarmente licenziata ogni 30 Giugno. Solo quest’anno la nomina arriverà fino al 31 agosto. Ci impedisce di fare passi avanti un’aberrante regolamentazione delle graduatrie che non consente di sommare il punteggio degli anni in cui insegnamo francese a quello degli anni in cui insegnamo inglese. E pensa che il punteggio ottenuto nelle scuole paritarie, quelle in cui si è assunti a chiamata, senza graduatorie e abilitazioni, è equiparato al punteggio maturato nella scuola pubblica! Abbiamo chiesto, come Comitato dei precari, le dimissioni del ministro Gelmini perchè lei sposta risorse finanziarie pubbiche nella scuola privata. E si dichiara orgogliosa dell’alto numero dei bocciati di quest’anno, si inorgoglisce cioè dei suoi fallimenti e del fallimento della scuola pubblica. La politica dei tagli impedisce l’istituzione di corsi di recupero per i più deboli, che quindi vengono espulsi dalla scuola. E chiude le scuole, imponendo classi più numerose e alimentando disoccupazione e precarietà. Anche tra i docenti di ruolo soprannumerari che hanno perso la cattedra, costretti in questi anni a subire nuove forme di pendolarismo, spesso impossibile, o a insegnare nuove discipline. Perciò intendiamo proseguire con l’occupazione del Provveditorato di Elmas e con i sit-in in città, chiedendo la solidarietà di tutto il mondo della scuola e delle altre categorie, fino a quando il governo non modificherà i provvedimenti sulla scuola, che la Gelmini continua a chiamare riforme.

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