Auguri di pace

24 Aprile 2011
Nessun commento


Luigi Ferrajoli, Domenico Gallo, Danilo Zolo

Auguri a tutti/e  dalla Redazione di Democraziaoggi!

La Pasqua di Resurrezione è una festa di pace. Da uomini di buona volontà riteniamo di dover concorrere a questo obiettivo, insieme religioso e laico, tanto declamato quanto concretamente vilipeso con un richiamo alla norma della nostra Costituzione che enuclea il “principio pacifista”. E lo facciamo attraverso la pubblicazione di uno stralcio della Relazione di tre eminenti giuristi a una proposta di legge popolare, elaborata tempo fà - ma quantomai attuale - per dare attuazione al ripudio della guerra sancito appunto dell’art. 11 della Costituzione e dallo Statuto dell’ONU.
Ecco la prima parte della relazione.

1. Un ricorso crescente alla guerra.A partire dalla fine degli anni ottanta del secolo scorso, dopo la conclusione della ‘guerra fredda’, abbiamo assistito a un ricorso crescente alla forza militare, quasi esclusivamente da parte delle potenze occidentali: l’occupazione di Panama per il controllo del canale, la guerra del Golfo, l’invasione di Haiti, gli interventi militari in Somalia e in Ruanda, le due guerre balcaniche della Bosnia e del Kosovo, l’Afganistan. Da ultimo, il progetto degli Stati Uniti di un attacco militare contro l’Iraq: un attacco che potrà avere conseguenze incalcolabili in termini di perdite di vite umane, di distruzioni di strutture civili, di devastazioni ambientali.
Nel corso di questi conflitti, anche a causa dell’uso di armi di distruzione di massa sempre più potenti e sofisticate, centinaia di migliaia di persone innocenti hanno perso la vita, sono state mutilate o ferite, hanno visto distrutti i loro affetti e i loro beni. Altre centinaia di migliaia di civili sono morti per fame o per malattie a causa degli embarghi, primo fra tutti quello contro l’Iraq. A questo flagello vanno aggiunte la persecuzione del popolo palestinese, le continue violenze contro i ceceni, i curdi, i tibetani e molti altri popoli emarginati ed oppressi, e, infine, le atrocità del terrorismo internazionale. All’escalation di odio, di dolore, di distruzione e di morte ha corrisposto l’inerzia o l’impotenza delle istituzioni internazionali che dovrebbero operare per la pace, anzitutto delle Nazioni Unite.
Le Nazioni Unite sono ormai sottoposte a un permanente ricatto da parte delle massime potenze mondiali, che se ne servono come di uno strumento di legittimazione delle proprie strategie egemoniche. Ma la Carta delle Nazioni Unite non può essere usata, se non sulla base di una conclamata violazione dello spirito e della lettera delle sue norme, per giustificare la guerra, e tanto meno una “guerra preventiva” come quella che Stati Uniti e Gran Bretagna si apprestano a scatenare contro l’Iraq. Questa Carta fu un patto solenne con il quale fu messo al bando, come è scritto nel suo preambolo, il ripetersi del “flagello della guerra”, che per due volte nel corso di una stessa generazione aveva causato indicibili sofferenze all’umanità. In essa fu definito, contro le minacce alla pace, un complesso di misure, tra le quali l’uso controllato della forza nelle forme e alle condizioni stabilite dal capitolo VII. Fu insomma progettato, al fine di “conseguire con mezzi pacifici la soluzione delle controversie internazionali”, il monopolio della forza in capo al Consiglio di Sicurezza, attraverso l’istituzione - che però non è stata mai attuata - di organismi militari permanenti alle sue dipendenze, chiamati a svolgere di fatto funzioni di polizia internazionale. Oggi quel patto è stato dimenticato.
In tutti i casi sopra citati le potenze occidentali hanno infatti usato la forza militare ignorando il diritto internazionale e violando i diritti più elementari delle persone. Il bombardamento della televisione di Belgrado, la strage di Mazar-i-Sharif, il lager di Guantanamo sono esempi di un uso criminale della forza internazionale che molto probabilmente nessuna Corte penale internazionale avrà mai il potere di sanzionare. E dopo l’attentato terroristico subìto l’11 settembre, gli Stati Uniti hanno elaborato una teoria militare e inaugurato una pratica bellica che presentano aspetti eversivi non solo della Carta delle Nazioni Unite, ma anche del diritto internazionale generale: basta pensare al carattere preventivo, unilaterale, spazialmente indefinito e temporalmente indeterminato della ‘nuova guerra’ dichiarata dal presidente Bush contro l”asse del male’.
Il nostro paese, per volontà sia di governi di centro-sinistra sia di governi di centrodestra, è stato corresponsabile di una larga parte di questi gravissimi illeciti internazionali, partecipando sistematicamente, con le proprie strutture militari, le proprie armi e le proprie basi, alle aggressioni decise dalle potenze occidentali contro Stati sovrani e contro i loro popoli, per lo più deboli e poveri. Nel farlo i nostri governi e i nostri rappresentanti parlamentari — spesso votando in complicità bipartisan — hanno apertamente violato la Costituzione repubblicana.

2. Contro la normalizzazione costituzionale della guerra.

La nostra Costituzione, all’art. 11, stabilisce che “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Questa norma non solo è stata ripetutamente violata nel corso dell’ultimo decennio, ma si è affermata una tendenza a considerala normativamente inesistente, come se fosse ormai del tutto desueta. E’ in corso, in altre parole, un’operazione politica e giuridica di normalizzazione costituzionale della guerra che intende privare l’art. 11 della Costituzione di ogni valore vincolante. Esso conserva al più –– si sostiene — – un significato programmatico: è un nobile auspicio per tempi migliori. E’ ormai un coro unanime in questo senso: il presidente del Consiglio Berlusconi ha apertamente sostenuto questa tesi, ispirandosi ad un documento del Pentagono, nel suo discorso alla Camera del 25 settembre scorso. Massimo D’Alema, sin dalla partecipazione dell’Italia alla guerra per il Kosovo, ha dichiarato che la sinistra deve liberarsi di ogni arcaico “tabù pacifista”. Più recentemente, una delle massime autorità dello Stato – il presidente della Camera, Pierferdinando Casini – ha sostenuto che il ripudio costituzionale della guerra non ha più il suo significato originario, che i tempi sono cambiati, che i principi costituzionali vanno interpretati in modo flessibile. Per sconfiggere il terrorismo internazionale anche l’Italia deve impegnarsi ad usare lo strumento della guerra.
Si tratta di una tendenza molto grave e tanto più pericolosa perché è largamente sostenuta dai grandi mezzi di comunicazione di massa, controllati dal duplice monopolio multimediale, pubblico e privato, di cui è titolare il presidente del Consiglio italiano. Contro gli apologeti della guerra, la pace deve essere considerata un bene fondamentale del popolo italiano: un bene che né il Parlamento, né il governo dovrebbero mai mettere in discussione. Parlamento e governo dovrebbero al contrario impegnarsi a realizzarlo collaborando alla costruzione della condizioni politiche ed economiche generali che rendano meno spietati e violenti – meno ‘terroristici’ – i rapporti fra le nazioni.
Il ripudio della guerra appartiene in dote al popolo italiano. E al popolo italiano spetta oggi la responsabilità di ripristinarlo, delegittimando le scelte in senso contrario del governo e del Parlamento. Per questo, oggi più che mai, è importante che una larga mobilitazione politica impugni la bandiera dell’art. 11, una bandiera che i bipartisan di casa nostra hanno irresponsabilmente ammainato.

0 commenti

  • Non ci sono ancora commenti. Lascia il tuo commento riempendo il form sottostante.

Lascia un commento