25 Aprile: contro la crisi i valori della Resistenza

25 Aprile 2012
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Gianna Lai

 Oggi tutti alla Manifestazione che parte da Piazza Garibaldi alle 9 e, dopo il corteo, si chiuderà in Piazza del Carmine. Chi meglio di Umberto Carpi, dirigente nazionale ANPI, ordinario di letteratura italiana nell’Ateneo pisano, già sottosegretario durante il Governo Prodi può rievocare quel 25 Aprile di 67 anni fà che ci ha ridato la libertà? Ecco cos’ha detto nella sua lezione su ‘Resistenza e 150 anni, nel 67° anniversario della Liberazione’, nella Conferenza, organizzata dall’ANPI di Cagliari, presso la Facoltà di Scienze politiche. Una lezione, a cui avrebbe dovuto partecipare il Prefetto di Cagliari, che di nozioni di storia e di diritto costituzionale ha mostrato di avere un assoluto bisogno.

Non sono tempi per fare celebrazioni questi, ma tempi per la riflessione, dice il relatore, lamentando che, invece, son stati molto celebrativi questi 150 anni, e modesta è risultata, perciò, la riflessione storiografica. Proprio mentre è in atto una crisi della Carta Costituzionale, sottoposta a revisioni e ad attacchi nei suoi punti costitutivi, nei suoi elementi determinanti, come gli attacchi relativi ai diritti del lavoro, fondativi della Carta stessa. E poi la crisi dell’altro cardine, il Parlamento, depotenziato l’istituto attraverso i decreti legislativi, ad opera di un presidenzialismo strisciante, una crisi del sistema che, per scarsa fiducia in se stesso, produce Berlusconi e Monti. E la crisi dei partiti ci fa dire che è la storia ad essere delusa da noi, noi delusi da questo esito, dopo tanti anni di lavoro politico. E’ la crisi dello Stato repubblicano dentro la crisi europea, di un’Europa che non ha saputo farsi politica: da qui deve partire la riflessione storiografica, per capire il nostro tempo, sollecita Carpi. E se Leone Ginzburg diceva che ogni nostro impegno in Italia non può che partire dal momento istitutivo del nostro Stato, è interessante, riprendere il discorso della Resistenza come 2^Risorgimento, dopo che lostesso Fascismo se ne era impossessato, presentandosi come pieno inveramento dell’Italia liberale prodotta dal Risorgimento. Per questo particolarmente contrastanti le posizioni, dei Fratelli Rosselli, sostenitori di una continuità tra Risorgimento e opposizione al fascismo, e Benedetto Croce che cnsiderva il Fascismo una interruzione, una parentesi dello Stato liberale e coerente, votava la fiducia al governo fascista del dopo Mateotti. E ancora Togliatti, che considera il Fascismo in continuità con lo Stato liberale, secondo l’idea gramsciana della Rivoluzione mancata, non essendo stata attuata la riforma agraria, quella dei Giacobini in Francia, per il mancato coinvolgimento delle masse popolari. E compito nazionale della classe operaia del dopoguerra sarà lo sviluppo di un movimento che unisca ciò che il Risorgimento non ha saputo unire, le masse popolari del nord con i contadini del meridione. E si dovrà definire il carattere del nuovo Stato, se in continuità con la tradizione liberale prefascista, responsabile secondo la sinistra di aver alimentato e prodotto il Fascismo, o in netta rottura con essa. Emblematica in tal senso la diversità delle posizioni del CLNAI, il Comitato di liberazione dell’Alta Italia, da un lato, e del CLN delle zone già liberate dopo l’8 Settembre, dall’altro. Il primo configura una prospettiva democratica fondata sullo sviluppo dei Comitati di liberazione e delle loro eperienze maturate durante la Resistenza, quando entrano finalmente nella storia i contadini italiani. Il secondo, quello romano in particolare, complici gli angloamericani delle zone liberate, è per garantire continuità attraverso gli uomini della tradizione liberale prefascista. Introdurre elementi di rottura in forme democratiche, sopratutto riguardo al personale dello Stato, un’Italia fondata sui Comitati di liberazione e sulle epurazioni, a partire dall’eliminazione dei prefetti, dicono gli uomini del CNLAI, mentre a Roma si dice che non ci sono i rapporti di forza per attuare programmi così radicali. E si mantiene il personale amministrativo e burocratico della tradizione prefascista e fascista, nella nuova Italia democratica e repubblicana, e le epurazioni vengon fatte nei confronti dell’esercito dei partigiani, osteggiati e considerati alla stregua di delinquenti comuni. Come era già successo ai garibaldini dopo l’Unità d’Italia, per costruire un paese in rigorosa continuità col passato dei privilegi e delle diseguaglianze. Di nuovo i Prefetti, Einaudi presidente della Banca d’Italia, che osteggia duramente la proposta Scoccimarro-Pesenti di imporre una patrimoniale attraverso il cambio della moneta. E piuttosto si taglia l’intervento pubblico, in vista di una restaurazione che garantisca continuità con lo Stato liberale, nel quadro drammatico della Guerra fredda. Eppure si afferma la Repubblica fondata sui partiti e una Costituzione fondata sul lavoro, e votata da tutti, DC, PCI, PSI e Liberali. E ancora oggi la dialettica dei Partiti e la centralità del Parlamento testimoniano di una Democrazia tra le più progressive. Oggi è l’articolo18 il simbolo delle conquiste realizzate in Italia con la nostra Costituzione. E la contraddizione grave tra il vecchio Stato liberale, degenerato nel fascismo, e lo Stato democratico, della Repubblica e della Costituzione, sta tutta qui. E nasce lo stragismo da questa contraddizione irrisolta, ed anche questa nostra debolezza nazionale ne è conseguenza, pur se lo scontro politico di oggi ha caratteristiche diverse da quello del dopoguerra. Il fatto è che manca l’Europa politica, e gli stati non battono più moneta e la crisi rende addirittura intollerabile, per i mercati, l’esistenza di una Costituzione a garanzia dei diritti.
Ha perso vitalità la politica, perchè ha perso spessore la cultura della classe operaia, egemonica nel dopoguerra. E c’è il rischio davvero che il 25 Aprile sia ripensato in modo esclusivamente celebrativo. Per comprendere il degrado di oggi, ha concluso Carpi, bisogna ripartire da qui, ragionare su quel che è passato di unitario dalla Resistenza alla Costituzione, su che cosa tiene ancora nella storia nazionale, rispetto al sovversivismo delle classi dirigenti che ha caratterizzato, secondo Gramsci, la storia di questa Italia.

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