Lussu e la guerra tra dovere e rifiuto

10 Agosto 2014
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Giuseppe Caboni 

Pubblichiamo oggi l’ultima parte del saggio di G. Caboni su “Noi e  la guerra, sulle orme di Lussu”. Le parti predenti sono state pubblicate il 6 e l’8 u.s.

Fare la guerra “ seriamente”.

Lussu ha sempre sostenuto che i soldati, e lui stesso, hanno sempre sentito di non potersi opporre in modo assoluto al dovere di obbedienza nazionale.
Il capitano di Armungia, e la Brigata, si distinsero anzi, come è noto, per equilibrio, valore, disciplina. Il dovere di difendere il territorio nazionale dopo il dilagare degli austriaci nella pianura padana dopo Caporetto venne sempre riconosciuto come necessario e difeso da Lussu, sino agli ultimi discorsi parlamentari.
Esiste una sua importante intervista, rilasciata a Gianni Bosio nel 1969, in cui è plasticamente descritta la tattica organizzativa disposta da Lussu, incaricato di disporre una difesa estrema, appunto dopo Caporetto.
Ma, come sappiamo, il nostro “capitano”, è stato anche  “ l’eroe del rifiuto”, capace di opporsi ad ordini ingiusti o criminali, pur di difendere la vita dei propri soldati.
In questa ambivalenza e “plasticità di criteri”, così magistralmente messa in evidenza da Asor Rosa, sta in fondo la maggiore originalità di Lussu, la base del suo “concreto umanitarismo”.
Gli storici della Brigata Sassari, quando capiscono queste cose, sottolineano che la grande importanza e fecondità di quella esperienza, sta nel legame di fiducia e solidarietà fra la massa dei soldati - pastori, contadini, operai - e gli ufficiali democratici.
Da lì nacque la forza solidale che sarà la base dell’autonomia e della volontà di riscatto sociale dei sardi negli anni successivi.
E da lì nacque quello che a me pare uno dei paradigmi fondamentali del nostro grande autonomista: la fiducia nei contadini e pastori sardi, la fiducia nella creatività popolare; e quindi lo sdegno per l’incapacità frequente dei dirigenti democratici di interpretarne i bisogni e la disponibilità all’impegno e alla lotta.
È nota la feroce polemica che gli costò anche accuse velenose, quale dirigente di “Giustizia e Libertà”, negli anni ‘30, verso l’incapacità dei socialisti Italiani ed europei di guidare le masse proletarie contro il montante fascismo, e poi contro la reazione europea.

6)  La democrazia nelle forze armate.

Nella storia dello Stato Italiano - Regno e poi Repubblica - ha un grande rilievo la storia delle forze armate, della loro difficile democrazia.
Lussu è stato un “esperto” in questa materia . ha dedicato un saggio teorico all’organizzazione dell’insurrezione democratica, per G.L. scriveva opuscoli antifascisti agli ufficiali dell’esercito, ancora convalescente andava in Spagna con compiti di direzione militare, e poi in prima fila nella  Resistenza; e  un’attenzione continua, da Senatore, appunto alla democrazia nelle forze armate, al disarmo internazionale, alla pace.
È questo un capitolo di grande estensione, che andrebbe ben sviluppato. Ho collaborato a lungo con Joyce Lussu, su questi temi: alcuni convegni su “società e forze armate”, incontri con molti pacifisti e militari. Insomma, è questo un capitolo da sviluppare in modo specifico.
Nella prima guerra mondiale è stato evidente il ruolo prevalente e decisivo dei generali sulla           “politica”. Cadorna impedì persino a Bissolasti , parlamentare socialista, di visitare il fronte.
E nella storia della nostra Repubblica la battaglia di obiettori e di militari democratici ha rappresentato un caso esemplare.

I sardi e la guerra

Lo “spirito” dei sardi rispetto alla guerra è stato interpretato in modi molto diversi. Baudi di Vesme a metà ‘800, li vedeva “avversi” all’esercito e alle esperienze belliche. Mentre Omodeo, qualche decennio più tardi, li considerava carichi di “spirito offensivo”, pronti e disponibili per lo scontro bellico.
La letteratura (Lussu - Motzo) si sono fatti carico di dimostrare altre cose.
Ma oggi vi è ancora il rischio concreto di un’enfasi sullo spirito “ militare” dei sardi, sulla nuova Brigata Sassari.
E tutta la retorica sulle nostre civiltà appunto “militari”, dai nuragici ai giganti di Monte Prama, ai festival de “Sa Strumpa” sembrano operare in questa direzione.
Con Joyce abbiamo studiato anche le società danubiane, pacifiste e a impronta anche femminile, abbiamo letto Marija Ginbutas e i modi con cui si sono imposte, nei millenni, le forze maschiliste, anche in Sardegna.
Insomma, c’è molto da discutere in proposito. E noi tutti abbiamo precise responsabilità da coltivare, proprio per la originale esperienza dei sardi.

1 Agosto 2014

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