Pastori: a una situazione speciale, risposta speciale

31 Ottobre 2017
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Andrea Pubusa

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Secondo voi se una persona non paga tasse e contributi vari,  è necessariamente un malandrino? Lo è, per esempio, chi non paga perché non ce la fa? Domanda retorica, con risposta ovvia: non lo è. Anzi, in un ordinamento democratico, fondato sul lavoro, dove ognuno deve avere un reddito che consenta a lui  e alla famiglia una vita libera e dignitosa, non poter onorare il debito fiscale per indigenza è già segno di un vulnus grave ai principi costituzionali, sintomo della rottura del patto che lega i cittadini fra loro e alla Repubblica.
Se girate per paesi, ne trovate tanti, lavoratori, contadini e pastori, che stremati dalla disoccupazione e dalla crisi, fanno come le piante: pensano a sopravvivere e non danno più frutti. Chiedevo l’altro giorno ad un giovane paesano come mai fosse privo di patente e mi ha risposto che non può perché il padre è disoccupato, ha un’indennità di 750 euro al mese. Questo ragazzo ha dovuro anche interrompere gli studi in giurisprudenza e mettere nel cestino il sogno di diventare magistrato. I pastori, poi, sono ormai vittime di una normazione d’ispirazione europea che impedisce loro di fare ciò che han sempre fatto: macellare un capo per amici e conoscenti o anche per loro stessi. Mi è così accaduto nei giorni scorsi che, volendo incontrare a tavola un gruppo di amici di bidda, ho dovuto acquistare su porceddu a Casteddu perché lì ormai non se ne trovano o nessuno rischia le sanzioni conseguenti alla vendita diretta. Per non parlare de su casu marzu, molto ricercato, ma trafficato clandestinamente come la droga, mentre la gorgonzola, ricca di muffe, si trova dappertutto, per la forza dei loro produttori. Ci sono tante discipline in astratto razionali, in concreto demenziali per i loro risvolti sociali, come quella che impone di tritturare, anziché distribuire agli indigenti, la legna fatta con la pulizia dei boschi dai lavoratori socialmente utili.
In questo clima di ordinaria follia, m’interrogo sulla ragionevolezza, da un punto di vista generale e  costituzionale, della direttiva agli organismi che devono erogare i finanziamenti ai pastori di verificare la situazione contributiva delle aziende e di subordinare la concessione del contributo al saldo preventivo del debito erariale. In pratica i debiti per contributi non versati all’Inps negli anni della crisi. Non ci vuole un acume speciale per comprendere che, in un momento di grave e straordinaria crisi del comparto, per il pastore la priorità è dirottare tutte le risorse finanziarie a fronteggiare il problema principale, dar da mangiare e da bere alle pecore e difendere l’azienda. Alle tasse e contributi si penserà in seguito. Primum vivere, deinde philosophari! Negare o decurtare, in compensazione, il contributo della parte dovuta all’erario significa impedire di fatto alle aziende di sopravvivere. Insomma, salta l’accordo fra Giunta regionale e pastori di Agosto, nel quale erano stati concordati finanziameenti straordinari per gli allevatori allo stremo. Di qui la manifestazione indetta per oggi 31 Ottobre e poi revocata per l’intervento del Prefetto. Comunque è in atto una grande e pacifica mobilitazione di massa dei pastori, con i sindaci, le famiglie, per far comprendere che a una situazione speciale si può rispondere solo con misure speciali. in deroga anche a norme in generale sacrosante come quelle che mirano a far pagare i contributi previdenziali.

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