Franziscu Sedda chiama il popolo a manifestare una sua volontà costitutiva, Zedda e Uras rispolverano i vecchi arnesi. Possono stare insieme?

15 Novembre 2018
1 Commento


Amsicora

 © ANSA

Massimino rispolvera i vecchi arnesi, Franziscu  chiama a raccolta il popolo sardo 

Combattenti e reduci!, vi faccio una confessione a bassa voce, però, che nessuno senta: sono preoccupato di me stesso. Si proprio così! E sapete perché? Non ci crederete, mi sta piacendo Franziscu, sì proprio lui, Franziscu Sedda. Avete letto l’intervista di ieri a L’Unione? Fermezza e pensiero insieme, mirabilmente fusi. Le armi dei forti, non vi pare? E che piglio da statista! “Dalle Primarias non si torna indietro“. E non per prepotenza o arroganza o supponenza, no, no, amici miei, per ragioni più profonde. Le Primarias non sono semplici primarie, non sono le elezioncine, spesso truccate, fatte su misura dei compagnucci di partito,. No, neanche per sogno! Sono le primarie di un intero popolo. Sì - avete capito - di un popolo intero, che manifesta la sua volontà d’essere nazione. Cos’hanno a che vedere queste primarias con quelle in cui si dirimono risse e contenziosi fra bande e consorterie? Consultazioni con iscritti autotrasportati per votare questo o quel capobastone? Signori miei, la potete girare come volete, questa è altra musica, tutt’altra cosa. Franziscu ha ragione: si possono fare insieme a Zedda e Uras queste primarias, non quelle di partiti e satrapie. Uras anche ieri ha parlato di seggi da preparare e da presidiare, l’uno contro l’altro armati, non di una consultazione di una nazione. Anche un bimbo capisce che sono cose diverse. Di più, neanche assimilabili, incomparabili.
Tuttavia, poiché sono in vena di confessioni, cari amici e amjche, ammetto che son confuso, capisco le parole di Franziscu, ma nel meditare su di esse sono assalito da dubbi. Sia ben chiaro, può darsi che io risenta di una certa preparazione scolastica e non colga appieno la profondità del messaggio franzischiano, ma - lo dico sommessamente - la nazione non è un prodotto della storia? Librescamente e chiedendo scusa a Franziscu, la nazione non è una comunità di individui che condividono alcune caratteristiche comuni come la lingua, il luogo in cui vivono, la storia, le tradizioni, la cultura e la religione? E allora? Allora o la nazione c’è o non c’è. O la storia l’ha sedimentata oppure non esiste o, al massimo, è in formazione. Di nazione mancata, parlava anche Emilio Lussu, che di queste cose ne capiva e non è morto tanto tempo fa. Nel frattempo lo siamo diventati? O - come sembra opinare Franziscu - occorre una volontà creatrice, costituente e costitutiva, uno scatto di un popolo che irrompe nella storia e dice io ci sono con attributi sovrani! Compagni ed amici! ammettetelo questi pensieri, eccitati da Franziscu, ci fanno provare l’ebbrezza di essere testimoni di un evento storico, il 16 dicembre.
Certo, rispetto a queste altezze, l’intervista di Uras e la posizione di Zedda ci gettano nello sconforto più profondo.  Uras vuol maneggiare seggi e schede, trasportare truppe cammellate, accorpare sigle, apparecchiare tavoli dove fare riunioni defatiganti e capziose, scrivere indecifrabili organigrammi. E tutto questo vecchio armamentario perché? Per giungere ad un solo risultato, preannunciato e scontato: l’apoteosi di Massimino. Come se Paolo non fosse quanto lui, come se il leader maximo del PDS non avesse statura e cultura per dirigere questo movimento?! Amici, se vogliamo dircela tutta e fuori dai denti, Paolo è uomo di alta cultura, di visioni larghe e immaginifiche, Massimino è, con Uras, maestro di tattica e trama fra fazioni, sempre più ridotte e ormai esangui. Paolo con Franziscu delineano un percorso, un orizzonte, Zedda rispolvera i vecchi arnesi:  “Negare la possibilità di fare le primarie sarebbe un po’ come negare la mia storia. Come per tutte le cose è necessario sedersi tutto insieme a un tavolo e stabilire regole e accordi“. Massimino e Uras tentano disperatamente di mantenere il seggio, di non cadere nell’oblio, dopo avere distrutto ogni germoglio dove son passati. Uras sentenzia che anche il centrosinistra è morto. Prima coi suoi amici ha reso inutilizzabile il sostantivo ”comunismo”, poi l’aggettivo “democratico”, indi la parola ”centrosinistra”, ora si accinge a rendere inservibile la parola “progressisti” chiamando la sua lista “progressiti sardi”. Dove passano Massimino e Uras lasciano il deserto.
Combattenti e reduci! Non bisogna aver paura a pensarlo e a dirlo: Franziscu ha proprio ragione Un popolo, che si prepara a manifestare la sua volontà costituiva e costituente, non può mettere in discussione se stesso per impastoiarsi nelle ben note miserie di un ceto politico fallito. Zedda e Uras consumino pure le loro logore liturgie, ma tu Franziscu tieni duro. Il 16 dicembre facci sognare!

1 commento

  • 1 Aladinews
    15 Novembre 2018 - 10:10

    Anche su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=89842

    Aldo Lobina

    Caro Amsicora, perché ti rivolgi solo a combattenti e reduci? E’ riduttivo! Non vedi quanto è invece ampio il pubblico cui altri fanno riferimento? Franziscu chiama a raccolta il popolo sardo tutto, invitandolo a manincheddas universali, segrete e libere; Uras, meno velleitariamente, si limita a immolare Zedda in progress sull’altare della sardità comune. Fai bene ad essere preoccupato di te stesso - lo sono anche io per te e per i tuoi commilitoni, destinatari della tua confessione. Le visioni oniriche di una notte di fine Autunno – se pure si manifestassero (tu sai che non si può sognare a comando) manterrebbero una evanescenza propria, figliastra di un espediente pubblicitario, elettoralistico, intelligente, visionario e velleitario.
    Per questo ti invito alla prudenza, alla riflessione e all’ascolto. Ascolta: non se ne può più di personaggi inclini a “maneggiare seggi e schede, trasportare truppe cammellate, accorpare sigle, apparecchiare tavoli dove fare riunioni defatiganti e capziose, scrivere indecifrabili organigrammi”. Non se ne può più di chi usa l’appartenenza, l’essere, a fini di potere e non di poter essere. Io sono stanco, e sono bene accompagnato!. Non andranno da nessuna parte. Non varranno tutte le mistificazioni, i mutamenti di nome, le plastiche facciali, per confondere gli elettori che vivono sulla loro pelle i guasti della politica economica, amministrativa, sanitaria fin qui subita. Non arriveranno in nessun posto neppure se riuscissero a mettersi insieme in un unico cartello gli amici di Uras – con Zedda in prima fila - e Maninchedda. Quest’ultimo è senz’altro una risorsa per la politica sarda, è intelligente, colto, determinato, preparato amministrativamente. Ragiona continuamente di politica, mentre altri intrigano e basta. Ha il difetto di essere poco digeribile da parte di quelli che hanno retto finora le fila del potere nel PD e nei partiti satelliti, che, in ossequio a uno dei nostri mali congeniti, hanno affinato la capacità di interdire ai capaci il governo della cosa pubblica.
    Non c’è dubbio che noi Sardi siamo una nazione, come lo sono i Liguri, i Veneti, i Lombardi, i Siciliani, i Calabresi, i Toscani. Tutti con le loro caratteristiche di luogo, di tempo, lingua, di “indole”, tradizioni, storia, rapporti, peculiarità insomma. Che noi Sardi siamo tutti ugualmente consapevoli di questo fatto non lo si può altrettanto affermare con la stessa certezza (ma non saranno le manincheddas a dimostrarlo), né che siamo stati capaci nel tempo di tradurre il nostro essere nazione in un organismo politico bene strutturato. Che la Sardegna abbia bisogno di rivisitare il suo Statuto alla luce della attuale situazione italiana ed europea è fatto incontrovertibile, ma questo obiettivo deve essere perseguito evitando di cadere nel sovranismo di marca leghista, lavorando nel contempo anche per migliorare le istituzioni statali ed europee. Siamo una nazione, la nazione sarda, dentro i confini dello Stato Italiano. Dovremmo poter essere una nazione dentro una Repubblica d’Europa. Questa è per me la prospettiva auspicabile: non più la nazione- stato, ma la inter-dipendenza di tutte le nazionalità europee, nel rispetto della sovranità di ciascuna, che va riformulata e rappresentata da una classe politica degna di questo nome.

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