Gramsci al liceo Dettori di Cagliari

9 Agosto 2023
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Col bagaglio culturale complesso e composito maturato a Ghilarza Gramsci arriva a Cagliari nel novembre del 1908 ad  anno scolastico già iniziato. La città che alla fine del primo decennio del Novecento accoglie Gramsci - ci ricorda Francesco Cocco, fine storico del Gramsci sardo - ha poco più di cinquantamila abitanti. Sotto l’amministrazione di Ottone Bacaredda si sta dando un nuovo decoro urbano, reso possibile dalla attuazioneì del piano regolatore di Gaetano Cima, importante architetto cagliaritano. Simbolo di questa rivoluzione urbanistica sono il Bastione di San Remy, con la sovrastante terrazza Umberto I, ed il nuovo Palazzo Comunale di via Roma. E’ un grande salto rispetto alla dimensione di Ghilarza e di Santu Lussurgiu dove Gramsci era vissuto sino ad allora. Non è certo la Torino che lo accoglierà  tre anni dopo, ma comunque tale da proiettarlo in una diversa dimensione di vita.
Ragguardevole anche il livello dei servizi culturali cittadini. E’ sede di un’antica università, di un liceo e di due ginnasi. Sono in attività due teatri e numerosi centri sportivi e ricreativi.  Si pubblicano tre quotidiani e numerosi periodici. Vivace anche la vita politica. Alla fine del secolo avevano iniziato la loro attività due gruppi politici cattolici: il “circolo San Saturnino”, raccoglieva le adesioni nei ceti popolari e la  “Società cagliaritana per gli interessi cattolici” con riferimento ai ceti più abbienti.
In casa Gramsci, grazie alla tenacia di tzia Peppina, si respira un clima di forte solidarietà familiare. Il sogno di Nino di proseguire gli studi, dopo lo “scalcinato” ginnasio di Santu-Lussurgiu,  si realizza per l’ospitalità in una modesta camera d’affitto che gli ha offerto il fratello  maggiore Nannaro, impiegato al Catasto, e forse trasferitosi a Cagliari proprio per dare una mano ai fratelli.

Dove poeva andare ad abitare Nino? Era venuto a Cagliari per appagare ìl suo insaziabile amore per lo studio e per la scuola. L’abitazione ideale non poteva che essere prossima alla sede del liceo che doveva frequentare. Una casa distante dal Dettori un centinaio di metri. Casa-scuola, questo il suo programma, per intenderci. Il quartiere è quello de La Marina. Prendono alloggio - come detto  - a poche decine di metri dal Liceo Dettori, nella via Principe Amedeo, in un edificio attualmente al numero civico 19, ma n. 24 al tempo di Gramsci e sino ai primi anni Quaranta del secolo scorso. Poi lo sconvolgimento edilizio, seguito ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, ha imposto nel 1951 una nuova numerazione civica, alla quale è seguita anche l’inversione del senso della stessa numerazione. In realtà l’immobile, che ospitò Gramsci, era scampato ai bombardamenti del ‘43,  e la sua individuazione ci aiuta a capire le condizioni di vita del giovane Nino nel primo anno di studi liceali.

Vecchio immobile, muri spessi e camera fredda. E così  - ci racconta Frencesco Cocco - per scaldarsi, secondo quanto riferito dall’avvocato Renato Figari, suo compagno di studi liceali, nelle giornate tiepide prendeva il sole seduto, con qualche libro scolastico in mano, nelle scalette dell’attuale Via Del Collegio. Sempre l’avvocato Figari conversando con Peppino Fiori, biografo di Gramsci, ebbe a ricordare: “…non mi sembra d’avere mai visto Nino Gramsci in soprabito. Vestiva sempre lo stesso abito, i pantaloni a tubo e corti e una giacchetta che gli stava stretta. Non aveva libri o non li aveva tutti. Ma era attento alle lezioni, e lo aiutava, oltre la grande intelligenza, una memoria fortissima”.
L’avv. Figari - che ho conosciuto all’inizio degli anni ‘70 nelle aule di giustizia, lui alla fine della professione, io agli inizi - mi ha detto che Gramsci al primo impatto ti colpiva per la sua infermità, per il corpo piccolo ed esile, dopo cinque minuti di conversazione ti sorprendeva per la sua testa, per la profondità dei suoi pensieri.
Particolarmente importante  - ci ricorda ancora Francesco Cocco - per la formazione politica del giovane Gramsci, lo schieramento formato da repubblicani, radicali e socialisti: seguono orientamenti diversi, ma spesso riescono a trovare unità nell’azione, com’era stato ad esempio nei moti contro il carovita del 1906. La nascita dei socialisti a Cagliari  data sicuramente sin dal 1895 come attestato da una corrispondenza pubblicata in tale anno sul settimanale “Lotta di Classe”, dove si parla di quaranta iscritti che passeranno a 136 nell’anno successivo.
Quando Nino giunge a Cagliari, il clima politico è dominato dalle ripercussioni dei moti contro il carovita del 1906. La città aveva pagato un pesante tributo di sangue con due morti ed oltre 50 feriti, Il processo che ne era seguito dovette essere celebrato l’anno successivo nella chiesa sconsacrata di Santa Restituita, talmente era grande il numero degli imputati. E così l’eco di quei fatti si ripercosse per molti anni nella vita cittadina.
L’esordio di Nino al liceo non è dei più brillanti: al primo trimestre ha un 5 in storia, ed in storia naturale non risulta classificato. Ma non mancano gli 8 (italiano orale e chimica) ed i 7 (latino e greco). Così in una lettera al padre  scrive :” …. in storia naturale  bastano i due voti del secondo e terzo trimestre…in storia sarebbe bella che non rimediassi ……devi contare che questo è il primo trimestre, e da  Santulssurgiu non venivo con la migliore preparazione…”. Concluderà l’anno scolastico con la promozione a giugno, segno che le lacune ginnasiali erano ormai colmate.
Raccontava a me giovane avvocato il vecchio Figari che Gramsci ad un certo punto divenne in qualche misura anche docente. Le sue interrogazioni non fornivano solo una ripetizione di quanto contenuto nei libri di testo, ma lo arricchivano con considerazioni personali originali, e anche la lettura dei suoi temi era motivo di approfondimento su argomenti importanti e di attualità. Il vecchio avvocato, uomo di grande simpatia e di finissima ironia, parlava molto volentieri di Nino, verso il quale manifestava, ancora a distanza di tanti anni, ammirazione e6 simpatia.
Che gli elaborati di Nino insegnassero qualcosa ai suoi compagni di classe è dimostrto dai tre temi ritrovati e pubblicati recentemente. Questi tre fogli a protocollo, piegati e ingialliti, portano la firma dell’alunno del liceo Dettori di Cagliari, Antonio Gramsci, e il giudizio del professor Vittorio Amedeo Arullani. Gramsci era un grande amante della cultura, infatti andava spesso a teatro, e in uno dei suoi temi liceali, riflettendo sul torto dell’età moderna, parla dell’”americanarsi” della società dove si arriva a disprezzare tutto ciò che non interessa il nostro utile immediato, quindi il profitto economico. I temi, nella classe quinta del liceo Dettori di Cagliari, anno scolastico 1910/11, ci rimandano immagini di una scuola di una altra epoca, dove l’indicazione data dal professore, il poeta Arullani, si limitava a due righe che potevano lasciare spazio ai più diversi sviluppi dello studente. Studente che, nel caso di Gramsci, elaborava ragionamenti e considerazioni che si stenta a credere possa aver scritto un secolo fa. Ecco un passo centrale: “Io credo appunto che il torto dell’età moderna sia quello di avere disgiunto l’arte e la bellezza dalla vita comune, di aver relegato tutte le più belle espressioni del sentimento artistico nei Musei e nelle gallerie, dove solo gli iniziati sono ammessi al culto della divinità. Si permise che il popolo imbarbarisse in una ributtante volgarità, che piano piano s’infiltrasse la convinzione che noi moderni, pratici e spregiudicati, dobbiamo disprezzare tutto ciò che non interessa il nostro utile immediato; avvenne, se si potesse così dire l’americanarsi della vecchia Europa.” In seguito Gramsci approfondì lo studio su americanismo e fordismo, dedicandogli un intero Quaderno dal carcere nel 1934, ma quanta anticipazione nel tema del liceo!
Il corpo docente del Dettori inoltre assumeva inizative volte a stimolare la conoscenza e la riflessione sulle questioni di attualità al di là delle materie strettamente curricolari.. Così fu organizzata una gita alle miniere di Montevecchio, che nella formazione intellettuale di Gramsci ha avuto una certa importanza perché lo mise in contatto con l’industria mineraria sarda. La gita scolastica si svolse nel febbraio del 1910 quando Nino frequentava la seconda classe al liceo. Nei due giorni della gita il giovane Antonio aveva dimostrato un particolare interesse alla condizione di lavoro e di vita degli operai di quella realtà mineraria. Della curiosità di Nino per la condizione dei minatori ci parla ancora  l’avvocato Renato Figari. Questa attenzion nasceva certamente  dal generale interesse per la questione operaia dimostrato dal gruppo dirigente socialista, di cui faceva parte anche Nannaro, che dunque la trasmetteva al fratello. Fra i promottosi del partito socialista Cagliari vie era il prof. Fasola. Questi, per di più, era legato il  medico guspinese Cesare Loi, animatore col farmacista Pio Piras del primo sciopero con caratteri moderni che si era tenuto a Montevecchio nel 1903. Il dr. Loi  - ricorda Francesco Cocco - era un dirigente socialista che nel primo congresso socialista di Iglesias aveva svolto  una relazione sulle condizioni di salute dei minatori. Il carattere innovatore  dello sciopero di Montevecchio del 1903, che fuoriusciva del tutto dall’improvvisazione che aveva caratterizzato le lotte operaie di fine Ottocento e del primo Novecento, non era certo sfuggito al gruppo dirigente socialista, anzi era frutto della sua azione. Gli scioperi di Montevecchio (1903), Buggerru 1904), Gonnesa e Villasalto (1906) avevano posto la realtà operaia sarda all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale. Di qui il varo della legge  19 luglio 1906, n. 393, istitutiva della  commissione parlamentare che doveva investigare sulla condizione  degli operai delle miniere sarde. Gramsci frequentava gli ambienti politici del fratello Gennaro, ed era un attento lettore della stampa quotidiana che allo svolgimento dei lavori della  Commissione parlamentare aveva dato grande attenzione. Sono significativi i sopralluoghi e le audizioni eseguiti dalla commissione parlamentare, nel febbraio del 1910, a Guspini, Arbus, Ingurtosu. A leggere quegli atti, emerge una realtà di pesante sfruttamento dei lavoratori  ma pure  un elevato livello nell’organizzazione del sistema produttivo nonche’ nella sperimentazione dell’arte mineraria. Per cogliere i due aspetti appaiono particolarmente significative le audizioni del  medico e dirigente socialista dr. Cesare Loi,  per quanto riguardava le condizioni di vita e di lavoro dei minatori, e l’audizione dell’ ing. Solmann Bertolio per gli aspetti attinenti al livello organizzativo e scientifico dell’arte mineraria nel primo decennio del Novecento. Si tenga presente che l’ing Bertolio era subentrato al suocero Alberto Castoldi nella direzione della miniera, e questa sua esperienza ne farà uno dei massimi esperti dell’arte mineraria italiana, tanto da ricoprire poi la cattedra di quella disciplina al Politecnico di Milano. Certo Gramsci a Torino conoscerà una delle realtà europee tra le più avanzate  nell’organizzazione industriale, ma la conoscenza che egli indirettamente poté apprendere del mondo minerario sardo ci dice che  non è da una realtà industrialmente primitiva che egli muove i primi passi nel suo collegamento con la classe operaia.
Gramsci, che per i libri e gli eventi culturali soffrì volontariamente persino la fame, togliendosi il pane di bocca, aveva capito fin d’allora che l’emancipazione delle classi subalterne passava attraverso la cultura, che toglie al popolo lo status di suddito per rendere tutti cittadini, titolari di diritti e partecipi della politica nazionale. E volete un’altra anticipazione, una critica anzitempo all’alternanza scuola-lavoro? Gramsci scrisse: “La scuola se è fatta seriamente non lascia tempo per l’officina”. Certo, come mi diceva l’avv. Figari fra i banchi delle aule di giustizia in attesa dell’udienza - per i suoi compagni di allora queste erano osservazioni che indirizzavano la riflessione verso temi del tutto nuovi, di attualità e di prospettiva.
Dopo le vacanze estive a Ghilarza - prosegue ancora Cocco - cambia pensione e va ad abitare  in una casa del Corso Vittorio Emanuele, quasi di fronte a via Maddalena. I muri della modesta camera, che dà su un cavedio, sono umidi, ma Nino trova che comunque la situazione sia migliorata  rispetto a quella dell’anno precedente. Mangia in camera con le poche provviste che gli mandano da casa e talvolta, ospite di Gennaro, consuma il pasto in una trattoria  di piazza del Carmine.
Anche l’andamento scolastico è molto migliorato: i voti del primo trimestre  sono quasi tutti sette ed otto. Segno evidente di un corso ormai avviato ad esiti brillanti. E’ il risultato non solo della sua  eccezionale intelligenza, ma anche di un’applicazione agli studi severissima. Secondo la testimonianza  di un compagno di liceo, Claudio Cugusi :” …..si aggregava a noi, ma solo per quattro passi al Corso……Poi quando tutti insieme si finiva da Su Cau, una sala di biliardi……lui rimaneva alla porta. Salutava e via a casa”
Certamente nel saggio “Per la ricerca del principio educativo”  è presente molto di autobiografico. C’è la dura autodisciplina appresa negli anni in cui frequentava il Liceo Dettori :”…Occorre far contrarre certe abitudini di diligenza, di esattezza, di compostezza anche fisica, di concentrazione psichica su determinati soggetti, che non si possono acquistare senza una ripetizione meccanica di atti disciplinati e metodici”. Prima ancora che un’indicazione morale è metodo di vita, ed è applicabile ai singoli come alle comunità.
All’inizio del secondo trimestre  viene  chiamato  a ricoprire la cattedra d’italiano il prof. Raffa Garzia, che tanta influenza avrà nella formazione di Gramsci. L’incontro non era nuovo: il giovane professore era stato presidente della commissione che aveva esaminato Nino all’esame di licenza elementare.  Ma quel che ora  suscita  la sua attenzione non è tanto il ricordo di uno dei primi impegni da docente, quanto piuttosto l’applicazione che ha modo di verificare in questo suo allievo così povero di mezzi economici quanto diligente negli studi.
Raffa Garzia è stata una figura di primissimo piano nella vita culturale sarda del primo Novecento. Oltre che fine studioso di filologia era direttore de L’Unione Sarda, anche allora il più diffuso quotidiano dell’ Isola. Sarà proprio il prof Garzia ad iniziare Nino al giornalismo, offrendogli il posto di corrispondente da Aidomaggiore (la sede di Ghilarza era già occupata). Ed è significativo il suo primo arrticolo,  leggero, brillante ed intriso di fine ironia, che lascia trasparire le sue doti giornalistiche. Ecco il testo.
“Nei paesi circonvicini si era sparsa la voce che ad Aidomaggiore per le elezioni dovessero succedere fatti grandi e terribili. La popolazione voleva introdurre tutto d’un tratto, il suffragio universale, cioè eleggere consiglieri e sindaco plebiscitariamente e sembrava pronta ad ogni eccesso. Il tenente dei carabinieri di Ghilarza, cav. Lay, seriamente preoccupato per questi sintomi, fece arrivare un intero corpo d’esercito, 40 carabinieri, e 40 soldati di fanteria, meno male senza cannoni, e un delegato di p. s. (sarebbe bastato da solo). All’apertura delle urne, il paese era deserto; elettori e non elettori, per il timore dell’arresto, si era squagliati e bisognò che le autorità andassero di casa in casa a stanare i restii. Insomma, la più graziosa burletta del mondo, dovuta certo all’esperienza del giovanissimo tenente, non ancora ben pratico del carattere di queste popolazioni. Poveri mandorleti di Aidomaggiore! Altre che filossera sono i soldati di fanteria!”

L’ultimo anno del corso liceale vede il giovane Gramsci ormai pienamente inserito nella vita culturale e politica cagliaritana. Nannaro è diventato cassiere della Camera del lavoro e questa circostanza consente anche a Nino di conoscere il locale gruppo dirigente socialista. Talvolta ha la possibilità di frequentare i teatri cittadini, probabilmente facilitato da biglietti omaggio datigli dall’amico-maestro prof. Garzia. Ma le condizioni economiche  restano ai limiti dell’indigenza come attestato in una lettera al padre: “Nannaro si è abbastanza sacrificato, si è fatto dare denari in anticipo, ma adesso non sa come fare; vedo che di giorno in giorno si fa più serio, ed oggi era deciso a rimandarmi a Ghilarza”. Qualche anno dopo, ricordando quel triste periodo racconterà: ”Cominciai a non prendere più il poco caffè al mattino, poi rimandai il pranzo sempre più tardi e così risparmiavo la cena. Per otto mesi mangiai così una sola volta al giorno e giunsi alla fine  del terzo anno di liceo in condizioni di denutrizione molto gravi”.
Nonostante questa grave situazione economica e fisica, Nino conclude brillantemente il corso liceale con otto  in tutte le materie ed un nove in italiano. La stagione  della sua formazione  cagliaritana  si chiudeva così nell’estate del 1911. Aveva 20 anni ed era un uomo ormai formato.
Da queste notizie non è difficile evincere che il capoluogo sardo è stato, insieme a Ghilarza, uno dei luoghi decisivi per la formazione del giovane Gramsci. A Cagliari nasce la sua passione per il teatro ed il suo primo lavoro a Torino, da  giornalista de L’Avanti, sarà quello di critico teatrale. Qui si forma l’interesse per gli studi di glottologia che lo porteranno ad iscriversi alla Facoltà di Lettere.  Di rimarchevole per la sua biografia intellettuale e politica è che durante gli studi liceali si definiscono le sue idealità e prende avvio il suo rapporto col mondo politico organizzato. Stando alla testimonianza di Palmiro Togliatti, proveniente a Torino da Sassari e vincitore insieme a  Gramsci  di una borsa di studio per i giovani delle ex Province del Regno di Sardegna, il giovane Gramsci aveva preso la tessera del PSI nell’ultimo anno del soggiorno cagliaritano.
Insomma, quando a 20 anni lascia la Sardegna, Nino ha una personalità già formata, ed è Cagliari l’ambiente più significativo di tale maturazione. Purtroppo questo ruolo della Città non viene mai sufficientemente messo in evidenza nelle biografie  e nelle celebrazioni ufficiali”. Si parla spesso di “torinesizzazione” di Gramsci, il che non è errato, anzi e’ ovvio quanto agli sviluppi del suo pensiero, ma è poco esatto in considerazione del fatto che nel Gramsci sardo ci sono in nuce i presupposti culturali e politici di ciò che egli diverrà nel capoluogo piemontese.

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